Prefazione
Lo so, volendo mettere i puntini sulle i, sarebbe stato più corretto utilizzare il termine introduzione.
Vero che se tu potessi entrare nella mia testa ci sentiresti molte più voci oltre alla mia, come se più persone indossassero contemporaneamente i miei vestiti prendendosi il centro della scena a seconda di come cambia il vento, ma se non ricordo male non è mai l’autore di un testo a scrivere una prefazione.
Queste prime parole poi dovrebbero solo servire a spiegarti cosa troverai tra le righe che seguono, anche perché capisco che il mio iniziare a scrivere qualcosa con un titolo di questo tipo possa lasciarti perplesso.
No, non parlerò di mio fratello, nonostante la sua somiglianza con Cattelan sia (per me) innegabile ed ingrediente principale per preparare la ricetta del suo aspetto fisico (accompagnato da una generosa porzione di Scott Clifton, e da un pizzico di Lorenzo Fragola q.b.).
Parlerò di musica, come già faccio troppo spesso quando ci incontriamo fuori da queste pagine, e ti chiedo scusa se la cosa un po’ ti da noia.
Parlerò di musica, e lo farò un po’ perché trovo sia giusto farlo in questo periodo dell’anno, post Festival Della Canzone Italiana, ed un po’ perché avevo davvero tanta voglia di condividere con te un mio pensiero nato dopo essere inciampato in una frase pronunciata dalle labbra di quel gran figo di Alessandro Cattelan.
Ma arriviamoci con calma.
Ti prometto che, se avrai la voglia di passare qualche minuto qui con me, ti sarà tutto molto più chiaro.
In cauda venenum.
(Tua madre è quello che è)
Ok, questa è a tutti gli effetti sempre una introduzione e mai una prefazione (che te devo di?).
È solo che tra i due termini preferisco di gran lunga il secondo, e poi non sono sicuro che avrei usato proprio queste parole se avessi deciso di tornare indietro a correggere.
Quindi bene così, dai.
(Forse.)
(Fotte.)
Prologo
Quindi ho deciso di aspettare che si calmassero le acque.
Ho atteso pazientemente che tutti i vari post sull’argomento, che per giorni hanno giustamente intasato i nostri feed, iniziassero a dissolversi poco a poco prima di mettermi a scrivere.
Resta da chiudere solamente la questione Eurovision, quindi direi che ci siamo.
Perché Sanremo è Sanremo, lo è stato anche se l’ho seguito un po’ così, a spizzichi e bocconi, sfruttando la pazienza infinita della signorina Simona Tiano.
Non la conosci?
Figlia di Anna Pepe, omonima della baddie tra le più baddie dai capelli rosa come la codeine (non ci è dato sapere se dopo aver fumato anche lei si senta una Winx). Un’anima dannata come la mia, costretta a sopportarmi scontando la sua pena al mio fianco in quella latteria portuale di Via Conciliazione angolo Via Calciati.
Giornate troppo lunghe di un periodo troppo intenso.
Soluzione?
Saltando le due serate centrali dove avevo altro da fare, per la prima serata, per quella delle cover, e per la finale, ho fatto ampio uso del suo preciso e puntuale servizio sveglia telefonica.
Tanto sapevo benissimo che l’avrebbe seguito tutte le sere e nella sua interezza; ben due terzi dei suoi pesci preferiti tra quelli presenti nel suo Acquario di Genova ideale si dovevano esibire per la gioia del suo cuoricino, delle sue orecchie, e (perché no) dei suoi occhi… Parliamo di Andrea Emanuele Brasi (in arte Bresh), e di Federico Olivieri (in arte Olly).
Vero, mancava all’appello Andrea De Filippi (in arte Alfa), ma si sa mai che “qualcuno” poi lo vada a trovare quest’estate quando si esibirà a Piacenza.
Questo servizio sveglia telefonica ha fatto in modo che io non mi perdessi per nessun motivo nessuna tra le esibizioni dei miei artisti preferiti in gara, che oltre a quelle dei due sopracitati pesci made in Genova (uno invasato con il Grifone e l’atro con il cuore Doriano), comprendeva quelle di Giorgia (per me la miglior voce femminile nella storia della musica italiana), di Rkomi (confesso, una delle mie penne preferite… poi dai, come cazzo si fa a non volergli bene con quelle orecchie lì e con quel sorrisetto da coglione che non capisci mai se ti stia prendendo per il culo o no) e di Rose Villain (ti amo Rose, lo sai, inutile aggiungere altro… si ‘na pret!)
Davvero un bel gesto, peccato che poi se ne sia dovuta sicuramente pentire.
Perché?
Ovvio: anziché ringraziarla, è stata costantemente presa per il culo sia per il suo ipotetico essere una fangirl, e sia per il suo spiccato interesse mostrato verso la biologia marina.
Come?
Chiedendole se fosse svenuta al cospetto della prestanza fisica di Olly, se avesse tenuto a portata di mano il Prep (famoso rimedio e fonte di sollievo da ogni tipo di irritazione, arrossamento ed “infuocamento”, if you know what I mean), o se fosse stata proprio lei la povera disgraziata ad aver gridato “Vai Andreaaa!” giusto un istante prima che Bresh iniziasse a cantare (nonostante sapessi benissimo che la povera malcapitata fosse sul divano di casa sua e con il telefono a tiro per svegliarmi ad intervalli regolari, e che io la stessi costringendo a leggere un sacco di stronzate scritte da quel cretino di un lattaio).
Primo (ed ultimo) Capitolo
Una bella settantacinquesima edizione, non mi sento di dire altro.
Oltre a “quelle cinque canzoni là”, tra il dormi-veglia, ho avuto occasione di scoprire tante cose per me nuove e di ascoltare musica interessante, quindi bene così. Soddisfatto.
Soddisfatto così come pure del risultato, Olly per me si merita solo cose belle, nonostante il mio cuore (clamorosamente di parte), in segreto facesse il tifo per Bresh.
Chiedo scusa, ma ne sono completamente rapito da sempre e per sempre. Va così.
Ad ogni modo è da quei giorni la che di tanto in tanto in riproduzione sulle mie AirPods ci finiscono sia “La Tana Del Granchio” che “Balorda Nostalgia”.
La cosa non dovrebbe stupirti.
La cosa non stupisce neanche me.
Tutto come da copione, così come lo sono state tutte le cose che abbiamo letto nei giorni successivi.
Non voglio riportare niente, non mi interessa farlo.
Chiudo solo la questione dicendoti che penso sia parecchio difficile scrivere una canzone trattando per l’ennesima volta dello stesso argomento riuscendo poi a non risultare banale. E farlo con quella R poi, con il coraggio di inserire la parola “tiritera” nel testo sapendo benissimo che l’avresti pronunciata così…
Bravo Olly (che te devo di?)
Già mi garbavi, adesso hai un nuovo fan.
C’è una cosa però, una sola, che non è che non mi sia andata giù, ma che un po’ di amaro in bocca me l’ha lasciato.
Leggo qualche post qua e la, poi inciampo in una frase che pare abbia detto Cattelan durante una intervista:
“è salutare non capire i gusti o le canzoni dei figli. Altrimenti vuol dire che non sei cresciuto: mentalmente sei rimasto alla loro età.”
Presa, metabolizzata, e poi portata altrove, allargando anche un po’ il suo significato assecondando l’interpretazione che la mia mente gli ha voluto dare.
Ho sempre pensato che discutere di gusti musicali abbia poco senso, altrimenti non credo che useremmo proprio la parola “gusti” (duh?), ad ogni modo ci sono alcune cose, alcuni comportamenti, che vanno un filo oltre, che proprio non sono mai riuscito a comprendere e che forse mai capirò.
Non voglio sembrarti aggressivo, tutt’altro, e se un po’ mi conosci sai bene che non sono così.
Non sono mai stato il tipo di persona che guarda tutti gli altri dall’alto, convinto di essere nella ragione mentre il resto del mondo si sta sbagliando.
Al limite mi chiedo se quello sbagliato sia proprio io.
Al limite mi faccio qualche domanda in più.
Faccio davvero troppa fatica a comprendere il mondo delle “cariatidi” (tono volutamente scherzoso).
Parlo del mondo di tutti quegli ascoltatori un po’ attempati e con atteggiamenti da grandi esperti di musica, ma con pochissima, se non nulla, cultura musicale alle spalle.
Li riconosci perché utilizzano quasi sempre frasi ed espressioni a la “non esce un disco interessante da Led Zeppelin II” oppure “la musica di oggi è solo merda, non riesco ad ascoltare nulla”.
Faccio davvero troppa fatica a comprendere il mondo degli “intellettuali”.
Parlo di tutti quegli ascoltatori che magari una cultura musicale ce l’hanno pure, anche se spesso limitata, ma che si rifiutano di ascoltare qualsiasi cosa che per il loro palato così raffinato non sia abbastanza ricca di note “ricercate”, “virtuose” oppure “eleganti”, a seconda dei loro parametri e dei loro generi di riferimento.
Faccio davvero troppa fatica a comprendere il mondo dei “pischelletti”.
Parlo del mondo di quei giovani ascoltatori capaci di ascoltare un genere ed uno soltanto e poi basta così, disprezzando tutto il resto a prescindere che si tratti di musica di oggi o del passato.
Ascoltano esclusivamente “quello che ascoltano tutti gli altri in questo momento” in maniera completamente miope, incapaci di guardare un passo oltre al proprio recinto (e mi fermo qui per non cedere a facili ironie, che poi finisce che faccio incazzare pure loro assieme alle cariatidi ed agli intellettuali 😉).
Faccio davvero troppa fatica a comprendere anche il mondo di tutti quegli ascoltatori, appartenenti a qualsiasi generazione, privi di ogni tipo di curiosità, di stimoli a conoscere cose nuove o di voglia di capire quelle del passato, ma convinti di aver la verità in tasca e di aver già capito tutto il gioco.
Mi spiace, ma sono tutte cose che sento troppo lontane da me.
Per me non dovrebbe essere una cosa così allucinante trovare nella libreria musicale di un ragazzino anche i primi dischi di David Bowie, e non dovrebbe lasciare così tanto di stucco quando un batterista quindicenne si mette a re-interpretare in chiave punk rock “a la Travis Barker” un disco uscito stamattina.
Perché?
Perché trovo che ascoltare musica del passato abbia tutto un sapore diverso, e perché trovo che per un giovane musicista immergersi nei dischi ascoltati dalle generazioni precedenti sia un’occasione da non perdere per imparare lezioni importanti, per ampliare il proprio vocabolario, mettendo poi tutto in pratica quando scrive le sue cose pur esprimendosi con un linguaggio più attuale.
Figata.
Per me non dovrebbe essere una cosa così allucinante trovare nella libreria musicale di un adulto anche dischi di artisti appartenenti alle nuove generazioni, e non dovrebbe lasciare così tanto di stucco quando un genitore comprende e sa apprezzare anche la musica che ascolta suo figlio.
Altro che mentalmente rimasto indietro.
Perché?
Perché trovo che seguire la costante evoluzione della musica sia una cosa troppo affascinante per perdersela, per rimanere indietro.
La curiosità dovrebbe sempre essere soddisfatta, e la fame di cultura musicale dovrebbe sempre essere alimentata.
Ve lo posso giurare, a scartare musica “per partito preso”, senza prima conoscerla o aver cercato di capirla, non si fa un bell’affare.
Rischi di perderti cose davvero molto belle.
Poi è chiaro: ci saranno cose che ti piaceranno tantissimo, altre che ti piaceranno decisamente meno, altre che troverai quasi insopportabili. Quelli sono gusti, anche io ho i miei, ma disprezzare senza conoscere ha davvero poco senso.
In trentasei anni non ho ancora trovato niente di più bello della musica, non porti limiti inutili.
I Metallica continuano a suonare nonostante abbiano l’età dei miei genitori, e lo fanno con la stessa attitude e gioia di quei quattro ragazzi che nel 1981 hanno iniziato a cambiare per sempre le sorti di un movimento intero.
Aspetto le follie sperimentali di geni come Steven Wilson, spero con tutto il cuore in un nuovo disco dei Knuckle Puck che possa darmi altri motivi per continuare a respirare, e non vedo l’ora di ascoltare il disco d’esordio di Latrelle in quanto penso abbia un suono ed un flow entrambi proiettati verso strade nuove.
Benedico le piattaforme digitali, avere accesso a qualsiasi cosa in qualsiasi momento è il potere più grande che mi sia mai stato dato, allo stesso tempo adoro ascoltare e collezionare dischi. Sul mio giradischi ci finiscono sia vinili di Bresh, del Goat, o di Izi così come quelli dei Porcupine Tree, degli Explosions In The Sky, dei primi Black Sabbath, o dei fab four…
(Angelo, terrone che non sei altro, non stavo parlando della formazione guidata dal fiero Capitan Bottego, e della quale ti sei auto-diagnosticato un quarto posto. Parlavo dei Beatles, hai presente? Ok che volendovi immaginare così… il ruolo di Paul McCartney, che “gasa tantissimo” 😂, saprei già a chi assegnarlo, e so che quasi sicuramente saresti anche d’accordo con me. Ma te lo immagini un Ringo Starr così abbronzato? Non avrebbe mai potuto funzionare ❤️)
Non sei costretto a schierarti, non devi scegliere una fazione piuttosto che un’altra.
Non ci sono fazioni.
È proprio questo il bello.
Epilogo
Non lo so nemmeno io “se i miti della Grecia sono tutta verità”, ed alla Marvel ho sempre preferito la DC Comics fosse anche solo per Batman, ma ad ogni modo… grazie bresholino per aver scritto un disco davvero così bello.
Bro, con il suo accento, direbbe “se mi avessero chiesto di giocarmi un coglione, mi sarei giocato pure l’altro” che mi sarei ri-ascoltato tutto “Che Io Ci Aiuti”, e non ci ho provato nemmeno per un attimo a resistere.
Ora, se ti riesce, immaginatelo un brunino in giro con le cuffie e con un felpone della Billabong con le maniche bucherellate (un po’ dal coniglio che viveva con lui ed un po’ da alcune vecchie e cattive abitudini).
Immaginatelo mentre arriva all’ultima canzone, No Heroes, con la consapevolezza che stia per ascoltare uno dei suoi pezzi preferiti ed un po’ stia anche per farsi del male.
Immaginati le scosse lungo la sua spina dorsale, così come nelle sue braccia e nelle sue gambe, ad ogni “oh, eh-hooo”.
Immaginati un sorriso ed i suoi occhi gonfi da qualche lacrima trattenuta, mentre con le labbra ne segue tutto il testo… a memoria tipo come una bizzoca reciterebbe tutto il credo la domenica a messa.
Grazie ancora, bresholino, per avermi ispirato a scrivere queste cose…
“La musica non ha fazioni e non porta la gonna”
‘Mocc.
Your Favorite Milk Delivery Boy.
