right here, right now.

Se è di Apple Music che stiamo parlando, allora sappi che sono una delle più devote ed affezionate tra tutte le sue fangirl presenti in questo regno.
Bene irrinunciabile che utilizzo costantemente dal momento della sua creazione, da quel giorno in cui mi è stata data la possibilità di avere accesso, in qualsiasi posto ed in qualsiasi momento, a quasi tutta la musica scritta e prodotta al di sotto della volta celeste.
Ti basta versare nelle casse di Mamma Apple l’equivalente in Euro di circa mezzo disco in vinile ogni mese ed il gioco è fatto; la più nobile e raffinata tra tutte le forme d’arte esistenti e mai esistite sarà sempre al tuo fianco, 24/7, amica fedele ed infaticabile.
Mi capita spesso di discutere con lei proprio come se avesse una sua vita propria, e mi capita spesso di farlo soprattutto quando mi viene difficile da capire quel filo logico che dovrebbe unire il brano da me scelto con il brano da lei proposto come ascolto successivo.
Non è questo il caso.

Atto I.

E davvero non c’era nessuna traccia di delusione presente in me quando l’altra notte, dopo essermi spontaneamente immerso nei suoni di Sick Luke e nel flow di Sayf per tutti i due minuti ed undici secondi della loro “Testa O Croce”, ho ascoltato la voce di Sant’Antonio Hueber da Padova mentre saturava completamente ed in un solo istante tutto l’abitacolo della mia Mailazza.

«Ho mischiato le carte. 
Ho preso tante cose nella vita,
ma con te sono su Marte.»

Parliamo di uno dei miei pezzi preferiti in assoluto e che se ne sta in uno dei miei dischi preferiti in assoluto.
Ho tanti dubbi, e mi pongo sempre troppe domande su qualsiasi cosa, ma non leggerai nessuna traccia di esitazione mentre ti dirò che “Umile” sarebbe uno di quei dischi che sicuramente porterei con me su un’isola deserta, con buona pace di quella santa donna che mi ha messo al mondo.

«Io proprio non capisco cosa ci trovi di speciale in lui ed in tutto il movimento di cui fa parte.
Tony Boy fa veramente cagare, secondo me ci stai prendendo tutti quanti per il culo.»

«Stai scherzando, vero?»

«No no, sono assolutamente seria.
Ti ho visto crescere osservandoti con orgoglio mentre scoprivi ogni giorno nuova musica, e mi è sempre piaciuta un sacco la tua capacità di saper apprezzare tanti generi diversi.
Hai una cultura musicale infinita ed invidiabile, non ti può piacere davvero sto Tony Boy.
Repetita iuvant:
Tony Boy fa veramente cagare!»

«Ma non ti permettere, pazza eretica!
Chiedi umilmente perdono e non mancare mai più di rispetto al Goat in mia presenza.»

«Ma vafammocc ‘a mammeta, con tutto il rispetto per quella stronza che poi sarei io!
Stai zitto e mangia!
Tony Boy…
Madonna santa, che si passa!»

Poi è successo tutto nel giro di un attimo.
Quasi senza accorgermene stavo per ammazzarmi.
E sarebbe stata una cosa così veloce ed improvvisa che nemmeno saprei dirti con certezza se per colpa mia o meno.

Ho proseguito per qualche centinaio di metri tentando di scrollarmi di dosso la cosa come meglio potevo, ma questo solo per poi capire quasi subito che mi sarei dovuto fermare un secondo sul bordo della strada:
tenere le mani sul volante non era più una cosa così tanto facile e banale, stavo tremando come una foglia, e potevo ascoltare il cuore martellare a velocità folle mentre scandiva i suoi battiti percepibili dalla punta delle dita fino ad ogni mio angolo più remoto di pelle.

«Sarei morto ascoltando Mischiare Le Carte!»

Nemmeno il tempo di finire la frase e sono scoppiato a ridere come un cretino.
Scendo dalla Maila per far capire ai miei “muscoli” che sono ancora io quello che comanda qui, poi mi accendo una Marlboro, e mi metto ad ironizzare mentalmente sull’esperienza appena vissuta.
Mi sono immaginato un sacco di cose, da dottori che fissavano increduli i miei esami irrimediabilmente compromessi da mesi vissuti senza controllo (e magari scommettendo l’uno con l’altro su quanti minuti impiegherebbe il mio sangue ad uccidere un soggetto sano dopo una generosa trasfusione), al fatidico incontro con Pietro al cospetto di quel famosissimo cancello argenteo…

«Oh, Brunino!
Via quella faccia stupita, tranquillo, non varcherai mai quella soglia.
Le legioni dei 9 inferi di Baator stanno impazientemente attendendo la tua putrida anima, ed il tuo addestramento comincerà nel giro di pochissimo tempo.
Ero solo troppo curioso, morivo dalla voglia (no pun intended) di conoscerti, di stringerti la mano.
Troverai il traghettatore di anime alla fine di questo sentiero.
Il tributo richiesto per la traversata dell’Acheronte è sempre di un Obolo, ma questo tu lo sai molto bene, non è vero?
Ti confesso che in molti sono ancora convinti che su quel lido dannato si usino le dracme, roba da matti.
Fa buon viaggio e…
Lay down your soul to the gods rock ‘n’ roll!»

Quasi come in risposta a questa sbirciata al di là del velo decido di tornare sulla Maila, metto su i Venom, e quindi riprendo finalmente la mia strada, lasciando alla voce imperiosa di Cronos il compito di guidarmi sano e salvo verso casa.

Ad ogni modo, in quella notte ero ancora all’oscuro di due cose.
Uno: ammesso di avere la possibilità di scegliere, non sapevo quale canzone sarebbe stata davvero degna di essere ascoltata come ultima appena prima di varcare l’oscurità.
Due: se effettivamente fosse finito il mio tempo, non avrei mai vissuto il pomeriggio incredibile che sto per raccontarti tra le righe che seguono.

Atto II.

Comincia tutto con una mia idea, idea che ha affondato le sue radici nella mia mente ad inizio aprile di quest’anno.
Volevo fare un regalo speciale per una persona che “holds a special place in my heart”.
Volevo regalargli qualcosa che non si potesse comprare, qualcosa che necessitasse un po’ di impegno, di “sputare un po’ di sangue” per la sua realizzazione, qualcosa che fosse indiscutibilmente nostra.
Non potevo che scegliere proprio questa canzone.
Ed è così che quindi, approfittando del periodo passato in studio per la produzione di alcune tracce con la mia metà della mela musicale, quest’estate ho inciso una mia versione di “A Thousand Miles” prendendo spunto dalla Vanessona, dai Vanilla Sky, dagli Yellowcard, dalla mia “frangia ed acne”, e da alcune modifiche “troppo chill” confezionate con tanta maestria dal destinatario di questo dono mentre ci trovavamo a circa duecentoventi chilometri da casa.
Sentivo di volerlo fare, e sentivo quasi di doverlo fare.
Fosse stato anche solo per cercare di onorare quel debito verso la fortuna sfacciata che ho avuto ad incrociare la mia vita con la sua fin dal giorno zero; fin da quel giorno in cui due poveri disgraziati stavano parlando per la prima volta senza nessuno intorno in uno spogliatoio, prendendo per il culo l’eccessivo vittimismo tipico di alcuni tifosi partenopei capaci di vedere del razzismo anche in una coreografia da stadio dove il diavolo teneva stretto nella sua morsa il povero pulcinella.

«Terroni Bastardi!» (cit.)

Fast-Forward fino al pomeriggio incriminato.
Esco di casa e ad aspettarmi trovo lei: espressione piratesca e sorrisetto diabolico.
Non potevo neanche immaginare che cosa avesse architettato alle mie spalle quella grandissima stronza.
In pochi minuti arriviamo sotto casa di lui e, dopo una giusta dose di convenevoli e di smancerie in vario assortimento, siamo tutti e tre sul doblò di lei.
Tra le mani ho le mie fedelissime Beats.

«Ho fatto un feat. con Faneto, e ci tenevo davvero tanto che tu lo ascoltassi per primo.
Buon Compleanno.
Comunque R sta per Destra e L sta per sinistra.»

Ti giuro che assistere alle sue reazioni è stato allucinante, ne è valso ogni secondo ed ogni goccia di sudore immolati alla causa; e dopo diversi e goffi tentativi di cercare contatto fisico attraverso i sedili del doblò…

«Dai Brunello, scendiamo che voglio abbracciarti!»

Siamo di nuovo nel piazzale e mi sto assaporando il momento.
Spazzo via quella nuvoletta nera che sembrava volesse dirmi «e se non dovesse apprezzare il tuo gesto?» e mi prendo qualche istante per sentirmi invincibile.

Poi, l’imprevisto.
L’oscuro piano della peggior paladina di Sehanine Moonbow che si sia mai vista stava prendendo vita proprio sotto al mio naso.

«Già che ci siamo, ho una proposta da farti!»

Lei trattiene con scarsi risultati una risata; io non capisco; mentre lui prima estrae dalle sue tasche una poké ball, poi si inginocchia, la apre rivelandone il contenuto (un Bulbasaur con un anello nero legato da un nastro viola attorno al suo dorso), e dopo essersi schiarito la voce…

«Brunello… vuoi venire al Lucca Comics con i tuoi amici??

Scoppiamo a ridere tutti e tre per il momento surreale, davvero degno di un film, e mi è servito più di qualche secondo prima di poter rispondere…

«Ma certo che sì! E come cazzo faccio a dirti di no??»

Al che lui, ancora nelle vesti dell’attore protagonista, si alza con un gesto atletico, per poi urlare a squarciagola tutta la sua gioia verso il cielo…

«Ha detto sì!! Ha detto sì!!»

Cala il sipario.
I nostri tre eroi sono stretti in un abbraccio collettivo neanche fossero Eren, Armin e Mikasa; con la Baia Del Re a fare da cornice e da testimone di questa solenne promessa:
mercoledì 29 ottobre sarà Lucca Comics & Games.

Atto III.

Sono con lei davanti ad un paio di gin tonic, inizia ad esserci un po’ freddo, e sto ancora cercando di processare gli avvenimenti recenti al meglio delle mie possibilità.

«Allora, come ti senti?»

«Mi avete fatto spaccare dal ridere, te lo giuro!
Indimenticabile.
Povero, guarda cosa cazzo gli hai fatto fare!»

«Pazzesco, davvero.
Mentre preparavo il tutto, un po’ me la stavo già disegnando la scena nella mia testa, ma devo dire che onestamente non me l’aspettavo così bella.
Lui è stato davvero bravissimo, ha superato ogni mia aspettativa.»

«Concordo, è stato fenomenale.
Ma anche tu non sei stata da meno.
La Pokè Ball, Bulbasaur, l’anello, la proposta…
Sei stata geniale.
Maligna sì, ma comunque geniale.»

«Guarda che mi sono impegnata moltissimo per questa cosa, sappilo!»

«Questo si chiama giocare sporco, piratessa!
Altro che paladino…»

«Eh, ci si teneva davvero tantissimo che tu venissi a Lucca, quindi ho fatto il mio gioco.
Sapevo che non saresti mai stato capace di dire di no.
Gli vuoi troppo bene, è palese!»

«Tu sei una stronza, è palese!»

«Tivibì, bitch!»

«Io per niente… e comunque questi gin tonic li paghi tu, lo sai, sì?»

«Niente da obiettare…»

‘Mocc.
Your Favorite Milk Delivery Boy.

«Ho mischiato le carte. 
Ho preso tante cose nella vita,
ma con te sono su Marte.»

Sant’Antonio Hueber da Padova, in arte Tony Boy.
Vero Goat.

心臓を捧げよ! (Shinzō wo sasageyo!)

A.: “Oh, ma lo senti anche tu questo odore di bruciato?”

B.: “Decisamente! Saranno andate a fuoco le focacce, o forse è colpa del n***o che si è perso via con i polli.

Comunque… fotte? Magari è la volta buona che…”

A.: “Non dirlo neanche per scherzo. Lo sai che se viene un incendio il preposto sono io? Me la devo smazzare io poi.”

B.: “Cos’è che sei tu?”

A.: “Il preposto.”

B.: “Ma vai a fare in culo, preposto!

A.: “Succhiamelo!”

[…]

B.: “Lo sai che a furia di continuare a sperare che questo posto prima o poi venga avvolto dalle fiamme me lo sono pure sognato?”

A.: “…”

B.: “Sono fuori dal negozio e, mentre tutto sta bruciando, mi sto guardando attorno.

Manca qualcuno, qualcuno non è riuscito ad uscire dall’edificio.
Non appena me ne accorgo torno subito dentro a quell’inferno mettendomi a correre, ignorando le urla di chi sta cercando di fermarmi senza nessuna speranza di riuscirci.
Ricerca e recupero andati a buon fine, tra l’altro.
Io poi, pensa te!”

A.: “Eccolo!! Ti scopa bene? È bravo?”

B.: “Hahahahaha! Dio santo, che coglione che sei!”

A.: “Te la sei cercata!”

B.: “Dai piantala, non iniziare!

Avrei dovuto immaginare dove saresti andato a parare…
Era solo per raccontarti una cazzata, nella vita reale sai bene che non lo farei mai.”

A.: “Lo faresti… lo faresti!”

B.: “Ma va! E secondo te io, scoppiasse un incendio, tornerei tra le fiamme a rischiare la mia vita per salvare quella di qualcun altro?

Io? Di quale realtà stiamo parlando?”

A.: “Sì, tu! Tu lo faresti, lo so che lo faresti…

B.: “Ok, dai… ho capito che oggi con te è tempo perso. Vado, devo mettere giù un po’ di promo.

A.: “E sti cazzi?”


[da “Dialoghi con John Lennon”, Racconti Inediti, 2025 April Seventeen Publications]
(Per la parafrasi, segui il link qui sotto e guardati questo reel 😉)
rossifuoco🔥 on Instagram: “Non si fa.”

Hello there!
In tutta onestà pensavo di lasciar passare molto più tempo dall’ultimo post prima di scrivere qualcosa di nuovo, ma alla fine ho comunque deciso di ritagliarmi qualche minuto per farlo (un po’ perché ne sentivo il bisogno ed un po’ perché ne sentivo la mancanza).

“Come va?”
“Più o meno come previsto.”

La decisione di immergermi nella produzione di qualche pezzo con Mester è stata una idea tutto sommato vincente, o comunque una soluzione valida per attraversare questo periodo senza farsi troppo male, in attesa di altro (ancora da definirsi, ancora da trovarsi), in attesa di un nuovo capitolo le cui prime parole saranno scritte una volta raggiunta la riva opposta.
Immaginati queste canzoni come fossero il traghettatore, i lunghi giorni di questa stagione estiva come fossero le acque infuocate dello Stige, io e Thomas come fossimo due anime dannate a bordo di questo vascello senza tempo, e tutto ciò che sarà una volta terminato questo viaggio come fosse il regno dell’ignoto.
Sempre sia lodata la mitologia greco-romana ed un infinito grazie a Dante Alighieri, padre della mia lingua e fonte inesauribile di ispirazione… la mia penna preferita di sempre e per sempre.

📼 / 👩‍❤️‍👩 / 🐐 / 🦀 / 🧏

Se un pochino mi conosci, allora saprai già molto bene che ho da sempre avuto un forte debole per i working titles, quei titoli provvisori da assegnare alle cose che faccio in fase di lavori in corso, da sostituirsi poi con quelli definitivi solo alla conclusione dei progetti, o comunque giusto un attimo prima che possano essere condivisi.
A questo giro ne vado particolarmente fiero.
Cinque emoticon e nient’altro, ciascuna messa lì con lo scopo di riassumere il concetto del brano a cui è stata abbinata, o forse ciascuna messa lì con lo scopo di rappresentare il suo significato per il sottoscritto.
Te le spiegherei anche, ma un po’ non penso tu abbia i giusti mezzi per capire, un po’ non penso sia conveniente per me farlo in questo momento, ed infine un po’ non penso sia la cosa giusta da fare in generale.
Molto meglio lasciare ai pochissimi eletti che riescano a capire tutto questo la possibilità di ridersela un po’ con me di me, e va benissimo così.
Due tra questi cinque pezzi avranno la loro release ufficiale.
Altri due avranno il ruolo di brevi outtakes, due piccole perle punk-rock (semi-serie quanto basta) utili a raccontare il tempo trascorso insieme con Mester dal nostro ultimo lavoro uscito nel Settembre 2023 fino al presente, ed avranno una loro vita propria esclusivamente sui social network.
Uno tra questi invece è nato con uno scopo completamente diverso, e non vedrà mai la luce.
Saranno davvero in pochissimi ad avere l’onore di poterlo ascoltare, ancora meno delle persone in grado di matchare il brano con la sua emoticon (e di capirne il significato).
Ha un posto speciale nel mio marcissimo e cattivissimo cuore nero da demone, e parte di me sta letteralmente morendo dalla voglia di ascoltarlo una volta completato, fosse anche solo per rendere giustizia al tempo trascorso ad immaginarmelo mentre era soltanto poco più che una idea.

In tutta onestà credevo che Mester l’avrebbe presa molto peggio questa storia delle emoticon, e a buon diritto direi.
Invece, a detta sua, è rimasto decisamente più colpito dalla questione della Sprite Sporcata (ma questa è tutta un’altra storia, e verrà forse più avanti il suo momento 😉).
Fare musica con lui è incredibile (questo già lo sai) e se di poche cose sono sicuro in questa cazzo di vita, posso tranquillamente scrivere senza nessun’ombra di dubbio la frase che segue nella riga successiva:
Se in futuro starò ancora imbracciando uno strumento musicale, allora sarà solo ed esclusivamente perché lui si troverà ancora al mio fianco.
Punto.

Ed è così che ho immolato una settimana di ferie dedicandola a questo scopo, dando ufficialmente il via alle danze.
Apertura ed organizzazione del progetto (in maniera quasi maniacale, degna della peggio O.C.D.: tutto ordinato e rigorosamente colour-coded, la tempo track, poi i marker dei brani e quelli degli arrangiamenti… l’unico modo che conosco per affrontare cose di questo tipo senza perdermi e senza diventare matto), poi un paio di tracce guida giusto da avere una bussola per potermi meglio orientare, ed infine le prime take.
Si parte dal basso (e se stai leggendo queste righe nel giorno della loro pubblicazione, sappi che ieri abbiamo finalmente cominciato con le chitarre. Top.)

L’outfit è stato dei più minimal tra quelli possibili, intendo letteralmente, e non mento se ti dico che mai mi ero trovato a registrare delle take di basso indossando nient’altro che la mia pelle e giusto un paio di boxer.
Immagina lo spettacolo.
Sono una delle ultime persone che vorresti ammirare senza vestiti addosso, e nell’ultimo periodo la situazione è pure peggiorata.
Sto bevendo decisamente troppo e sto mischiando giusto un po’ di questo ed un po’ di quello nei momenti in cui ho particolarmente bisogno di non esistere affatto (o almeno di non esistere se non per lo stretto indispensabile al mantenermi vivo… ho ancora giusto un paio di cose da fare prima di dare una sbirciata al di là del velo di ciò che è reale), ignorando i foglietti illustrativi che in maniera molto gentile provano a dissuaderti.
Come?
Sconsigliando certe pratiche e raccontandoti tutta una serie di possibili e spiacevoli conseguenze di cui (se sei tra i più fortunati) ne comprenderai a fondo solo meno della loro metà (tra l’altro, e nel caso tra i lettori di queste parole al vento ci fosse un medico per i pensieri che ho, *cit, è troppo chiedere di spiegarmi il significato della parola “stupore” messa all’interno dell’elenco degli effetti collaterali? Giuro che da solo non ci arrivo!).
Sono ingrassato veramente tanto, inevitabile, ed ho messo su proprio una bella bonza.
Mi sento tipo come il vitello grasso, presente?
Quella povera bestia che ha avuto una fine poco invidiabile, mandato al macello da un padre per festeggiare il ritorno di uno dei suoi figli (il più stronzo dei due, quello capace di sperperare la metà di un impero in bolas e disgraziate).
Trauma infantile mai risolto, mannaggia al clero.
Ogni volta che lo sento nominare, non riesco più a fare a meno di guardarmi intorno con l’aria circospetta di chi teme di finire su di un vassoio d’argento, adagiato su un morbido lettino di patate e con chissà quali altri ingredienti ficcati su per il culo.
Male Male Qui.

So bene che questa non possa essere la soluzione, ma sto solamente cercando di temporeggiare un secondo nell’attesa di qualcosa di più risolutivo e definitivo.
Devo tenere Bruno e Thomas il più separati possibile (e per quanto mi sia possibile farlo, al massimo delle mie capacità).
In maniera molto semplice, e forse quasi banale: ogni volta che vedo lo sguardo di uno incrociarsi con lo sguardo dell’altro, prendo Bruno e l’affogo (letteralmente) con l’aiuto di qualsiasi cosa sia in grado di accelerare ed intensificare il processo.
Tutto qui.
Poi metterò ogni cosa al suo posto.
In un modo o nell’altro.

Probabilmente dovrei solo seguire i consigli più di moda in questa stagione, tipo quelli che non avevo mai sentito prima in vita mia e nemmeno per sbaglio, presente? Quindi:
Bere tanta acqua, mangiare tanta frutta, evitare di uscire durante le ore più calde e, nel caso di astinenza da compagnia femminile, amare te stesso non più di una volta al dì (saltando anche qualche giorno di tanto in tanto, così da darti un po’ di tregua).
Uno stile di vita più sano sicuramente aiuterebbe, ma sarebbe poco saggio da parte mia addossare tutte le colpe di questi mali alla dissolutezza di questi giorni.

Ed i sogni?
Che cazzo c’entra il paracetamolo usato malamente con le cose che ti sogni?

Una realtà differente, un mondo completamente diverso da quello in cui viviamo oggi.
L’uomo ha poco alla volta ceduto il suo ruolo di specie dominante a favore di una nuova razza.
Nessuno sembra essere in grado di raccontare come tutto questo sia iniziato, ma alcune pagine raccolte tra i testi più antichi ci parlano di questa nuova forma di vita che sembra essere comparsa letteralmente dal nulla.
La sua natura si è rivelata da subito come estremamente duttile e mutevole: il nuovo nemico ha imparato molto bene e molto velocemente dai suoi predecessori, sfruttandone la tecnologia e portandola a livelli nemmeno immaginabili, plasmando il suo aspetto e rendendolo molto simile al nostro, creando una versione di noi sia estremamente migliorata, amplificandone i pregi, e sia brutalmente peggiorata, amplificandone i difetti.
La convivenza è stata praticamente impossibile quasi da subito.
Le nostre città cadevano, i nostri confini perdevano ogni tipo di significato, religioni e antiche tradizioni andavano via via scomparendo, ed ogni singola battaglia combattuta contro questi esseri ha portato ad una sconfitta.
Basta un rapido sguardo all’aspetto attuale di queste terre un tempo nostre per capire chi è che comanda qui…
La quasi totalità delle opere umane è ormai andata distrutta, e le strutture più importanti sono state demolite e sostituite con delle nuove, caratterizzate da una bellezza e da una grandezza tale che nemmeno i migliori tra i nostri architetti ed artisti, presi tra quelli vissuti all’apice della nostra evoluzione, possono immaginare di sognare.
La nostra razza è allo sbando totale, gli uomini sono divisi, male organizzati.
Nessuna guida.
Solo tante piccole realtà, e quasi del tutto indipendenti l’una dall’altra, cercano ancora di combattere.

Faccio parte di una di queste squadre, e sono il secondo in comando (nemmeno fossi il fiero Capitan Bottego).
Sembra mi sia appena svegliato da un brutto incubo, e nemmeno riesco a capire cosa mi sia successo.

So cosa sta per capitarci, io l’ho già vissuto.

Le mie AF1 hanno già calpestato le grandi pietre grigie di quelle sale, e l’eco dei nostri passi ha già riecheggiato a lungo nella maestosità di quel tempio.
Sono già stato sulla cima di quel pinnacolo, brillante come fosse argento lasciato al sole, ed ho già visto tutti i componenti della mia squadra morire uno dopo l’altro sotto i terribili colpi del nemico, giusto un attimo prima che tutto scomparisse nel buio e nel vuoto più profondo del nulla.

Sto fissando un punto imprecisato appena al di là del nostro accampamento quando uno dei miei combattenti viene a sedersi al mio fianco.

“Hai un secondo? Volevo fare un rapido check delle munizioni, ma non so cosa cazzo c’ha il mio terminale stanotte.”

Do un’occhiata, e dopo pochi secondi gli ripasso il suo terminale.
Mai funzionato meglio di così, errore quasi banale e degno di una recluta.
Gli regalo un sorriso a metà tra un rimprovero ed un gesto di affetto, dopodiché, senza chiedergli il consenso, sfilo una fiaschetta da una delle tasche della sua giacca, e do un sorso del peggior distillato mai bevuto in vita mia… (fa davvero pietà!) restando poi qualche istante ad osservare il suo viso.

“Abbiamo qualche possibilità di farcela?”

Non so cosa rispondere.
Mi guardo attorno e sono proprio tutti lì, tutte le persone per me davvero importanti sono all’interno dei confini di questo accampamento.
Molti di loro non hanno nemmeno idea dell’amore incondizionato che provo per loro.
Molti di loro non hanno nemmeno idea che sarei disposto a fare qualsiasi cosa per loro.
Per alcuni di loro non sono quasi niente, sono solo poco più che un capo, ma sarei disposto a bruciare all’inferno per l’eternità se solo esistesse e se solo bastasse per poterli salvare.

Provo a parlare, ma sento che le parole mi rimarrebbero incastrate in gola fino a farmi soffocare.
Sento gli occhi gonfi, ma non voglio piangere, non posso farmi vedere mentre piango.
Prenderei qualche minuto in più per cercare di darmi un tono, ma all’improvviso noto qualcosa di così divertente nell’espressione di questa recluta che quasi scoppio a ridere.
Appoggio la mia testa contro la sua e con il tono più tranquillo che posso…

“Non ne ho la minima idea, l’unica cosa che so è che ci proverò con tutto me stesso, e che lo faremo tutti insieme…
Al vostro fianco non ho paura di niente e di nessuno, al vostro fianco non etichetterei nulla come impossibile.
Siete tutto per me, e siete più che abbastanza da farmici provare con tutte le forze che ho a disposizione, da farmi combattere fino alla fine.
Dai mollami, basta con questa roba.
Preparati, tra poco si parte.”

Dicono che i sogni particolarmente intensi e realistici, quelli più ricchi di dettagli, così come quelli che ti rimangono più impressi al tuo ritorno alla realtà, non siano altro che il frutto dei tuoi stati d’animo (oppure un riflesso generato da emozioni o situazioni irrisolte).
Lo reputo vero fino ad un certo punto.
Immagino che una vita intera vissuta da nerd senza speranza di redenzione, i troppi libri/ manga/ anime, le troppe partite di Dungeons&Dragons sia giocate che scritte e masterate, ed i troppi film Sci-Fi abbiano avuto un ruolo molto più importante in tutto questo casino.
Anche perché poi nemmeno saprei dirtelo cosa voglia trasmettermi il mio io più profondo mandandomi sogni di questo tipo.
O forse lo saprei anche, ma in questo momento bisogna proprio fare come se…
Non ho né il tempo materiale e né l’ intenzione di occuparmene.

Ci sono dei brani che voglio farvi ascoltare in autunno.

Quindi ecco che questo mio escape from the studio si avvicina alle sue righe conclusive, e non mi resta che dirti grazie per aver passato questi minuti insieme a me.
Spero davvero tanto che siano stati minuti piacevoli, e spero davvero tanto di essere riuscito a trasmetterti qualcosa.
Pronto a prendermi di persona gli schiaffi che so benissimo di meritare (e va bene così).
Immagino che tornerò a giocare a fare il musicista ancora per un po’, c’è ancora parecchio lavoro da fare.
Daje.
Ci si vede in giro.

‘Mocc
Your Favorite Milk Delivery Boy.

A.: “Alla fine poi hai deciso?”

B.: “Ho già sguinzagliato la Pia, devo solo capire quanto la cosa sia fattibile e poi farmi una chiacchierata con le persone giuste”

A.: “Lo sai che per questa cosa faccio il tifo contro di te, vero?”

B.: “Ma come? L’ultima volta che ne abbiamo parlato ti ho chiesto se sentiresti la mia mancanza nel caso riuscissi davvero a farcela… e tu mi hai risposto di no! Ho anche apprezzato molto la tua sincerità, nonostante un po’ mi abbia fatto male.”

A.: “Una delle mie caratteristiche migliori è che non si capisce mai se sono serio o se sto scherzando quando dico qualcosa. Mi piace la tua compagnia, e poi lo sai che ho sempre avuto un debole per i pelati.”

B.: “Sì, lo so bene… a proposito, il tuo fidanzato sta facendo il mattino! Ha detto che ti sta aspettando in frutta per buttartelo un po’ su come piace a te!”

A.: “…”

B.: “Dai, non fare così! Ho solo detto una cazzata per alleggerire il discorso…”

A.: “Non tocchi!”

“Qual’è il tuo problema? La tipa si lamenta perché ce l’hai piccolo? Guarda che ci sono moltissime soluzioni… Al tuo compleanno ti faccio un regalo, così ti diventa bello grosso e vedrai che la mandi a casa contenta.”
[George Harrison]


Le Maschere Della Notte [Stagione 2]

Prefazione

Ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale… ma nemmeno per l’anticamera del cazzo!
Troverai tra le righe che seguono quasi tutte le “parole ufficiali” con le quali il dungeon master ha dato il via alle danze.
Ok, forse in versione un attimo “rivista e romanzata” per l’occasione, ma più o meno ci siamo.
D’altra parte è giusto che alcune cose, almeno per il momento, rimangano ad uso e consumo esclusivo della nostra compagnia.
Vi ringrazio per la comprensione. 😊
Prima di cominciare, ci tenevo a “scusarmi” (si fa per dire) con un paio di persone coinvolte in questo racconto.
In primis con His Royal Majesty Andriy Shevchenko, la leggenda a cui mi sono ispirato durante la creazione del monaco/guerriero Andrij (spelling mai corretto, ormai resta così), in quanto mi sono sentito in dovere di modificare il suo programma di allenamento dopo essere venuto a conoscenza di alcune nuove tecniche davvero speciali.
Ed in secondo luogo, nel caso tu stessi leggendo, devo scusarmi proprio con te per avertele “prese in prestito” così.
So che ti ho già tirato in ballo un paio di volte tra queste pagine, ma se stai pensando che “ti abbia preso di mira” o che “il lattaio non ti voglia bene”, allora posso garantirti che sei proprio fuori strada e che sarei pronto anche a giurarlo.
È solo che fondamentalmente sono un cretino, e che quando c’è qualcosa che un po’ mi diverte, vuoi o non vuoi, le possibilità che poi finisca tra le cose che scrivo sono davvero alte.
Perdonami se puoi 😂

ok, cominciamo.

Episodio Pilota: Farò Di Te Un Uomo.

Se cercate un fatto… io ve lo darò!
Oggi, giovedì, giorno di nostro signore diciannove settembre duemilaventiquattro, verrà ricordato ovunque come il giorno in cui l’avventura vissuta dai Leviosi riprese il suo cammino.
Ne è passata davvero tanta di acqua “per sotto la guallera”, e parecchio lontano nei ricordi sembra ormai quel giorno in cui la nave su cui viaggiava Anakis, allora conosciuta come la prescelta (la “presce” per gli amici), toccò finalmente le sponde di Sæglópur dopo giorni di navigazione parecchio tormentata.

Piove, senti come piove, Madonna come piove!

Di Sæglópur era completamente rapita dalle sue case, l’acqua e le nuvole.
Non era per lei poi tanto difficile sentirsi immersa in quella atmosfera così liquida, quasi magica, persa nelle luci e nelle ombre di quelle strade, e nelle espressioni accoglienti di quella gente.
Gente che aveva tutto l’aspetto di chi solo è depositario di segreti e tradizioni antichissime che sembravano essere loro e soltanto loro.
Trovava le casette dei pescatori davvero meravigliose, e tutte quelle palafitte costruite in legno e dipinte nei più svariati colori rendevano la scena davanti ai suoi occhi davvero incantevole. Ma era un altro edificio, situato alla cima di una scalinata in condizioni piuttosto precarie, che per una serie di motivi catturava la sua attenzione.
Le sue mura erano bianche, o sarebbe più giusto dire “probabilmente lo erano in passato”, con evidenti segni di umidità praticamente mai trattati.
Nel cortile un ragazzo di circa una ventina d’anni stava facendo allenamento vestito con nient’altro che la sua pelle, fatta eccezione per un pantalone dal taglio esotico indossato per coprire la sua virtù.
Vedendo quel trionfo di giovane manzo ucraino, la nostra Anakis non poteva davvero fare altro se non mettersi a cinguettare come fosse una appariscente… Upupa! Con la sua cresta da regina di tutti gli uccelli (l’ho scritto davvero?), quel suo movimento sinuoso come solo i più temibili tra i felini, ed un piumaggio così variopinto da fare invidia a David Bowie durante il suo periodo Ziggy Stardust, dello stesso colore della cannella, e con ali bianconere bagnate un po’ per la pioggia ed un po’ per altri motivi.
Rimase diversi minuti ad osservare quell’esercizio, dove il giovane Andrij mandava per aria delle anfore usando le due estremità del suo bastone ferrato, per poi frantumarle in volo con colpi forti e decisi.
Veloce come è veloce il vento.
Un uomo vero senza timori.
Potente come un vulcano attivo.

Magari proprio quel vulcano attivo, il Monte Somma, dove ai suoi piedi il corpo di Aüle giovinetto giacque diversi anni or sono, e da dove iniziava la sua ricerca dell’ Ea rubato.
Come cercare un ago in mezzo a quintali di fieno. Una impresa impossibile.
Se lo era sentito dire una infinità di volte durante quei giorni, e ad ogni tentativo di raccolta di informazioni, di tracce, o anche solo di sussurri, c’era sempre chi era pronto a schernirlo con questo antico proverbio, sentito decisamente qualche volta di troppo.
Mai però aveva pensato al suo sapore dolce, una volta masticato dalla sua bocca, dopo aver trovato una pista percorribile.
Voci, di qualcuno che evidentemente non aveva ancora imparato a tenere la bocca chiusa, e solo i cieli sanno se avrà mai una possibilità ancora di impararlo in futuro, raccontavano della restaurazione di una antica gilda di ladri.
Sconfitta, e più volte, ma mai del tutto.
Le maschere delle notte.
Il brandello di informazioni che aveva comprendeva un luogo, le rovine della tenuta degli Holm a nord di Sæglópur nelle Terre Alte, dove la gilda aveva una delle sue tane più antiche. Ed un nome, Kjartan, il nome di un cantastorie che aveva fatto di Ágætis byrjun il suo quartier generale, e che se persuaso con modi gentili avrebbe potuto condurlo fino alle rovine.
Vero, non era molto, ma la speranza che fosse l’inizio della soluzione ad un problema che pareva essere insormontabile lo faceva stare meglio.
Ripeteva tra se e se: “Senti come suona bene. Ho trovato un ago in un pagliaio.”
Ecco infine la locanda.
Gli sembrava inserita in un ambiente tutto suo, in contrasto, come se non appartenesse del tutto al luogo che la circondava.
Un labirinto di piante rampicanti si inerpicava attraverso le pietre levigate dei muri ed avvolgeva tutto l’edificio come in un abbraccio, regalandogli una atmosfera dolce e protettiva che tanto invogliava quel nano imbecille a varcare il robusto portone di quercia posto al suo ingresso.

Ágætis byrjun, quella locanda situata appena fuori dai quartieri portuali.
Il posto che il bardo Olivier stava iniziando a chiamare casa.
Qui, pochi giorni dopo il suo arrivo, aveva avuto modo di conoscere Kjartan. Un ex avventuriero, ora più conosciuto come un abile cantastorie, musicista e compositore dall’incredibile talento, e soprattutto fonte inesauribile di informazioni.
Se avesse voluto iniziare a scrivere una ballata durante quei giorni, i suoi primi versi non suonerebbero poi così diversi da un sentito “ma io cosa cazzo ci faccio qui?”
Ci sono state molte occasioni in cui ci si domandava se il suo albero genealogico affondasse le sue radici in una terra bagnata dall’amore degli halfling. Un po’ sentiva la mancanza del Senna, del profumo buonissimo della lavanda che cresce spontanea lungo le sue rive, di casa sua e delle sue comodità. Parliamo di cose semplici, come il fuoco di un camino acceso, un pranzetto abbondante accompagnato da un calice o due di Cabernet Sauvignon, e di piacevoli serate da passare rigorosamente in buona compagnia, o comunque al sicuro ed al riparo da mostri, armate, avventure.
Avventure che, dati gli avvenimenti recenti che sembrano avere sconvolto per sempre le vite dei nostri eroi, ha iniziato a vivere per davvero, e non solo attraverso le storie che raccontava per intrattenere il suo publico.

Avventure che, mesi dopo, hanno condotto la compagnia fin qui, nelle stanze di questo maniero antichissimo nei pressi di Akureyri.
Il quartier generale dei Leviosi.
Sono trascorsi quattro giorni da quando Kjartan gli ha mostrato il risultato delle sue ricerche, quattro giorni da quando gliene ha chiesto qualcuno in più per poter fare luce sulle molte zone d’ombra ancora presenti sulle informazioni in suo possesso. Ed in questi quattro giorni hanno avuto modo di “fare come fossero a casa loro”, esplorando il maniero in quasi tutte le sue aree, riposandosi un po’, studiando, e mantenendo gli allenamenti necessari.
Sembrava una mattina proprio come tutte le altre.
La debole luce che iniziava ad attraversare le ampie vetrate colorate delle loro stanze cercava di svegliarli gentilmente, quando…

EP I: Un Viaggio Attraverso I Ricordi

“Buongiorno, Leviosi!”

[…]

‘Mocc.
Your Favorite Milk Delivery Boy.

Lo Spiedo Di Sir. Giovanni

Sir. Giovanni ed il Pollo.
Illustrazione immaginata e realizzata da Umberto Farina.

Le prime luci del mattino hanno già iniziato da diversi minuti ad accarezzare la sommità delle tende dei nostri eroi.
Anakis, Olivier, ed Andrij, sembrano essersi svegliati contemporaneamente da un brutto incubo.
Si trovano esattamente al centro del loro accampamento, ancora avvolti nei loro pesanti sacchi a pelo, e sudati come non mai.
Anche Aüle, a pochi metri da loro ed in una posizione più adeguata al suo turno di guardia, sembra aver subito la stessa sorte.
Solo un veloce sguardo tra di loro, ed una espressione preoccupata e condivisa da tutta la compagnia, sono abbastanza da rendere molto chiaro che cosa sia successo qui e stanotte. 
Di certo indugiare nei sogni non è mai una buona idea, soprattutto in quelli più complicati.
Ma davvero non si è trattato di un semplice sogno come tutti gli altri. 
Completamente circondati dalla desolazione più totale, mentre un cielo grigio, privo di ogni traccia di speranza, ricopriva ogni cosa appena prima di abbattersi con tutta la sua forza su Minas Tuk, una città ormai morta, assassinata da una devastante eruzione vulcanica. 
Nei loro occhi sono ancora presenti proprio tutte quelle scene vissute. 
Prima l’attraversamento della breccia nel vulcano, e successivamente quel sentiero buio e senza una fine, mentre il caldo quasi sembrava potesse ucciderli. Quindi il percorso sottile lungo il perimetro della montagna, il ponte di pietra sospeso sul magma infuocato, e quell’assurda struttura che tanto ricordava una mano scheletrica. Poi, quel terribile battito d’ali ad annunciare l’arrivo del custode, ed infine la grande battaglia combattuta contro quel demone.
I loro sensi sono ancora così intorpiditi che quasi non si accorgono di non essere soli. 

Un profumino davvero molto invitante finalmente li riporta alla realtà.
Qualcuno ha acceso un fuoco a pochi passi dall’accampamento e sta preparando qualcosa da mangiare, mentre se la canticchia tra se e se.
Si tratta di un cavaliere dall’aspetto alquanto misterioso.

♫ Il tuo sguardo calma le ooondeee stanoootte, non ti fidi di me, sei già andata oltre, i miei idoli sbandavano, seguivo le ooormе! ♫

“Parbleu! Conosco questa chanson!”
Esordisce Olivier con il suo inconfondibile accento dai toni parecchio sensuali.
“La canta spesso anche mon frère, le laitier! È sûrement una composition di Antoine Le Garçon”
“Un vero strazio!”
Taglia corto Anakis. La nostra paladina davvero non sembra apprezzare per niente né la performance e tantomeno il brano in se.
“Ma qu’est-ce que tu dis? Parliamo di una leggenda vivente nel mondo dei cantastorie! È così tanto un fresco da indossare il Moncler anche d’estate! Oh mon dieu… Incompétent!”
“Scusate tanto, ragazzi.”
Interviene Andrij, con lo sguardo incredulo di chi vede qualcuno preoccuparsi della pagliuchella ignorando la trave.
“Non vorrei mettere in dubbio l’infinita cultura di tuo fratello il lattaio, e tantomeno interrompere il vostro dibattito sulla semiotica della musica. Odio dover essere io quello che ve lo fa notare, ma… non vi sembra che questo cavaliere misterioso sia un po’ troppo n***o?”
“Ecco che ci risiamo!”
Lo interrompe subito Anakis, con un tono decisamente forte e seccato.
“Sai che non le voglio sentire queste cose, Andrij, nemmeno per scherzo”
“Ma guarda che io non sto mica scherzando! Cazzo, guardalo! Se questo se ne andasse in giro di notte da solo finirebbe buttato sotto a qualche carro da un qualche cocchiere nemmeno poi così tanto distratto”
“Vergognati!”
Gli risponde Anakis, appena un istante prima della frase risolutiva di Aüle.
“E se questo ti dovesse sentire poi mi toccherebbe anche provare a difenderti. L’hai visto quanto è grosso? Non ce la vedremmo dentro. Di sicuro qui si finirebbe come finiscono sempre i giochi dei cani, e visto l’elemento…Se fossi in te eviterei. Che ne dici?”

“Oh, vi siete svegliati, finalmente!”
Tutto quel parlottare, nemmeno così tanto sommerso a dirvela proprio tutta, ha subito destato l’attenzione del cavaliere.
È davvero molto alto, e con il fisico di chi passa volentieri del tempo con le gambe sotto il tavolo. Capelli corti, scuri, ed una elegante barba curata gli decorano il viso, con quei suoi occhi grandi e profondi dall’aspetto incantevole. La sua pelle poi, del colore del cioccolato, gli dona un fascino esotico davvero irresistibile. Appoggiato poco distante da lui, se ne sta il suo elmo, con la cresta decorata da moltissime piume di terribili polli infilzati senza pietà dalla sua lunga… grossa… e nera… 
(Ehi, mi auguro che stiamo parlando della sua lancia, vero?)
(Ma certo!) 
…lancia, ovviamente stavamo parlando della sua lancia.
Lancia che porta uno stendardo a strisce rosso-nere, colori a lui tanto cari e che pure il vostro narratore, nonostante il suo cuore appartenga alla vecchia signora e sempre sarà devoto alla causa sabauda, ama quasi come fossero anche i suoi.

“Bonjour, mon ami” 
“Eh, buongiorno un cazzo! Iniziavo seriamente a preoccuparmi per voi. Il mio nome è Sir. Giovanni, ma chiamatemi pure Giovannino se la cosa vi aggrada”
“Molto piacere Giovannino!”
Gli fa Olivier quasi con un inchino, e con un’ombra di formalità nel suo tono.
“Noi siamo i Leviosi. Il ragazzo si chiama Andrij, un combattente molto in gamba. Il nano si chiama Aüle, sarà anche un po’ imbecille, ma di sicuro è un mago molto promettente. La Tiefling invece, so che non lo si direbbe a guardarla, è una paladina di Sehanine Moonbow, dall’animo nobile e molto gentile.”
“Piacere di conoscervi! Sentite un po’… Nemmeno con gli schiaffoni sono riuscito a tirarvi su. Si può sapere cosa cazzo vi siete mangiati ieri sera prima di coricarvi?”
“Magari fossero stati solo problemi di digestione, gentil cavalier!”
Continua il bardo Olivier, con una espressione seria a segnare i suoi lineamenti dalla chiara origine elfica.
“Non saprei nemmeno da che parte iniziare con le spiegazioni. Siamo stati vittima di un incantesimo di un malvagio necromante”
“Oh, questa è bella! Immagino debba essere stata una roba potente, vero?”
Sir Giovanni inizia ad osservare questo strano gruppo, valutandone sommariamente le condizioni fisiche.
“Certo che avete davvero un aspetto terribile. Oh, mica siete interisti vero?”
Improvvisamente e con tono quasi minaccioso.
“Occhio che vi trafiggo eh! Non me ne frega niente vi trafiggo!”
“Oh, no, sacrebleu! No.”
Risponde subito Olivier, cercando di sembrare contemporaneamente il meno offeso possibile ed il più rassicurante possibile.
“Abbiamo i nostri problemi, non lo nego, ma nessuno di noi c’ha la mère putain, je jure!”
“Ok. Dai, venite che è quasi pronto. Mangiamo qualcosa!”

Tutti insieme, attorno allo stesso fuoco, cominciano a prendere parte a questo banchetto davvero abbondante e delizioso, mentre le ore passano via in maniera piacevole, leggere come il vento. 
Sir Giovanni sembra avere sempre qualche aneddoto, qualche storia interessante da raccontare.
Qualsiasi avvenimento diventa un’occasione da cogliere per divertirsi e per farsi una risata, ed il suo buon umore è particolarmente contagioso.
Ha ascoltato con interesse i racconti dei suoi nuovi amici, prestando attenzione anche ai più piccoli dettagli, ma loro non sembrano del tutto convinti che abbia creduto all’episodio della battaglia contro la viverna.
Lui si è giustificato ammettendo che la cosa gli suona parecchio strana, e di non averne mai incontrata una nel suo vagare tra queste terre.
E sì che, va detto, lui di volatili grossi e neri, o almeno con uno tra questi, ne ha una familiarità quotidiana.

A stomaco pieno poi, eccoli raccogliere tutto il loro equipaggiamento, facendo molta attenzione a non lasciare nessuna traccia del loro passaggio, e raggiungere i loro cavalli al limitare del sentiero.

Ed è così quindi che, se mai qualcuno dovesse leggere le righe dove queste storie si raccolgono, si vedrà finire questo racconto.
Immaginandosi cinque avventurieri cavalcare insieme lungo le sponde dell’Andvari verso Sæglópur, e seguendoli con lo sguardo fino a perderli di vista.
Osservandoli così scomparire nell’orizzonte. 

‘Mocc.
Your Favorite Milk Delivery Boy.

Casting Couch

Consigli non richiesti per quando ti trovi davanti ad una pagina bianca, sei ispirato, ed il cursore ti sta dando il suo “bentornato” con il suo ottuso, costante, ed amichevole lampeggiare:

1. Inizia sempre con un titolo “ad effetto”, in modo da catturare subito l’attenzione, già dalla prima riga. 

2. Ottenuto il risultato, procedi rimodellando, addolcisci gli spigoli, e rassicura i tuoi lettori. 
D’altra parte non stai parlando di quel couch, non toccherai argomenti riguardanti lucidature di pomelli o tirate di cresta al gallo, non racconterai delle difficoltà avute durante il lunghissimo periodo di astinenza di qualche anno fa, e nemmeno di quanto eri diventato bravo a suonare l’intro dei video di Pornhub con la batteria. Tra queste righe ci sarà molto casting e nulla di couch, ma d’altra parte lo sai che sono un po’ stronzo, e poi proprio non mi andava di sprecare l’occasione.

3. Accompagnali dove vuoi. Se ne avranno davvero voglia, ti seguiranno.

Questi racconti avrebbero dovuto essere parte del post precedente. Esatto: proprio quel post che il futuro beneficiario di ogni mia proprietà intellettuale nel caso di una mia prematura, accidentale, ma sempre più probabile caduta in un dirupio (perdonatemi, so che si scrive senza la  “i”, ma quanto cazzo suona bene scritto così?) ha più o meno battezzato così:

“Bella da dio la storia della milfona di Milano. Ti ha più chiamato? Sei andato su? Come è andata la monta?”

Il problema si è posto quando la disavventura de Your Favorite Milk Delivery Boy With A Small Toy in terra lombarda si è presa più righe e parole del previsto.
Quindi eccomi, sto per raccontarti due belle stronzate mentre me ne sto seduto sul tappeto nella mia writing position preferita, indossando nient’altro che un paio di boxer neri, e bestemmiando più del necessario la madonna e tutti i santi per il caldo che già a Giugno sto facendo troppa fatica a sopportare.

Stronzata / Casting n.1

“Dillo!!
“Un vampiro!”

Scusami Simo. Davvero.
E faccio un appello ai nostri cari colleghi che in questo momento si trovano su questa pagina:
Accoglietela in uno a caso dei vostri reparti, e fatelo prima che lei decida di farsi accogliere nel regno dei cieli piuttosto che trovarsi ancora costretta a lavorare al mio fianco. 

Si parlava di Twilight, sgranandone le citazioni peggiori, i momenti più imbarazzanti, e perculandone la trama nella sua interezza.
Saga a cui entrambi siamo, nostro malgrado, legati.
Nel mio caso vorrei poterti dire che “le storie sui non morti mi hanno sempre affascinato”, ma ometterei il vero motivo.
Ogni volta che inciampo sull’argomento finisce poi che il mio pensiero se ne va alla ragazza che frequentavo in quegli anni, e soprattutto al suo essersi perdutamente innamorata a prima vista di Kellan Lutz nelle vesti di Emmett Cullen.

“Madonna che manzo! Ma quelle braccia? Mi ci perderei lì in mezzo!”

Hai visto sweetheart? Il tuo “bambino troppo assorbito in se stesso” scrive ancora di te di tanto in tanto, anche se sa benissimo che probabilmente non leggerai mai le sue storie.

Geloso?
Sicuramente.
Anche di un personaggio?
Certo che sì.

La gelosia è sempre stata uno dei miei difetti peggiori, uno di quei pochi casi in cui il mio sangue terrone vince sul mio essere un figlio della lupa con il cuore sabaudo.
E non parlo solo di relazioni sentimentali, non si può ridurre tutto ad un semplice “tocca la mia femmina e ti cemento in un pilone sulla Salerno – Reggio Calabria”.
È più complesso di così.
Sono geloso anche nelle amicizie, sono geloso quando dai più importanza ad altri mentre per me sei una priorità, sono geloso anche quando non avrei nessun diritto o nessun motivo di esserlo, sono geloso anche del nulla e della “rain that falls upon your skin, ‘cause it’s closer than my hands have been”.
Per farti capire quanto è grave la situazione, ti dico che nella mia testa ci sono stante anche scene del tipo:
“Brun, domani suono al Carnevale Estivo, ti va di fare un salto?”
E mentre rispondevo:
“Mi dispiace, ma proprio non riesco ad esserci”
in realtà stavo pensando:
“Ma che cazzo dici? Tu devi tornare a suonare con me! Sei il mio batterista preferito e ti voglio un bene che nemmeno ti so spiegare. Scordatelo che ti vengo a sentire!”

Torniamo a noi.

Nei nostri deliri, io e la Simo ci siamo immaginati di dover rifare i film, e dopo brevi e rapide modifiche alla storia, abbiamo cominciato con i casting.
Semplici le regole:
Attori ed attrici tutti presi dal negozio di Via Conciliazione, eventuali dolci metà ammesse, e scelti secondo due canoni: somiglianza estetica oppure somiglianza caratteriale (e grazie al cazzo, a me è toccato Edoardo. Ok che sono vizioso, ma di erba ancora non ne ho fumata abbastanza da potermi paragonare a Robert Pattinson. Qui hanno vinto i lati d’ombra del personaggio originale, e le carinerie old-fashoned della mia vita precedente).
Ce la siamo risa come due cretini per un’oretta buona mentre giocavamo a mettere degli yogurt sullo scaffale.
L’assegnazione dei ruoli si è svolta abbastanza velocemente, giusto un paio di callbacks ed una sola eccezione alle regole, per un ruolo minore, assegnato ad una attrice estranea all’azienda, ovvero la figlia del fornaio, classe duemila e tre, invasata con la trap, e “basta, ti prego! Basta!”.
La quasi totalità degli attori è stata scelta tra i reparti latticini e gastronomia, con qualche elemento dalla drogheria, ed un paio dalla panetteria, inclusa la nostra protagonista.
Resta da assegnare il ruolo di Rosalie, fondamentalmente per un paio di motivi.
Primo, abbiamo fatto davvero molta fatica a trovare qualcuno che in qualche modo la ricordasse, e secondo, abbiamo ricevuto una infinità di proposte immaginarie.
Il nostro Emmett ha da sempre riscosso un notevole successo, e quasi tutte si farebbero molto volentieri un giro di giostra.
Emmett.
Ancora lui.
Se non è una persecuzione questa, dimmi tu cos’è.

Stronzata / Casting n.2

La serata è iniziata con un invito davvero molto particolare, uno di quelli che, se non fosse arrivato da mia sorella, avrebbe senz’altro ricevuto come risposta un sonoro “ma che si fotta il tuo freezer scassato male e che marcisca con tutto quello che ci tenevi dentro. Stronza!”.

Ma a Tippe non si dice mai di no.

Ciao Sarchia, stasera vieni a mangiare da me? Il menù è poco commestibile, facciamo lo svuota-freezer, quindi prevede roba scongelata, ma tutta di grandissima qualità, e con le caratteristiche organolettiche ancora quasi del tutto intatte. Dai, vieni a fare la tua parte!”

Quindi tra una deliziosa portata ed un’altra di questo banchetto proprio speciale, una piacevole serata con parte della mia famiglia trascorreva senza troppi danni (ok, magari esclusi quelli gastro-intestinali del giorno dopo. D’altra parte non lo vuoi provare il brivido di piangere seduto sulla tazza neanche fossi il re sotto la montagna seduto sul suo trono?)

Si parlava di cose da nerd, come spesso succede quando ci si incontra noi tre.
Ma è giusto così.
Tippe poi tirava fuori qualcosa da Narnia, io e Sam non avevamo idea di che cosa stesse parlando.

“Non avete mai visto Narnia? Vergüenza! Finite quella fetta di pizza che poi facciamo un cineforum.”

Ora, non voglio offendere nessuno, ma quella storia e quel film dovrebbero essere vietati ai maggiori di quattordici anni. Ci abbiamo provato, ed inizialmente ci stavamo anche riuscendo (ma questo se evitassi di raccontarvi le cose dette sul tema un po’ nazi dell’introduzione e sul ragazzino protagonista… cose del tipo “Guardalo, secondo me è polacco!”. Poi si è rivelato essere inglese. Ma fotte.)

Le scene si susseguivano, ma ormai il danno era fatto:
Sia io che mio fratello continuavamo a ridere come due stronzi facendo dei paralleli tra i personaggi del film ed i personaggi della storia che sto scrivendo e che stiamo giocando insieme come campagna di  D&D con Anto ed Umbi, sotto lo sguardo scioccato e seccato di Tippe.
Quindi ecco che la coppia di tassi / marmotte / quel cazzo che erano, improvvisamente, o meglio non appena lui si è lamentato della cucina di lei, sono diventati Anakis ed Aüle. Con il nostro Aüle sempre pronto a tessere le lodi della cucina di Anakis, in particolar modo facendo riferimento alla sua specialità:
Le patate al sangue.
Dio santo, quanto odio può contenere un tubero?
Lucy, con il suo pugnale, era diventata la nostra madame, ladruncola con spiccate capacità furtive.
Poi ecco Edmund, con il suo arco, diventare Olivier: il bardo che prova a montarsi ogni donzella sulla quale il suo sguardo si posi anche solo per un istante.
E quando si pensava che anche basta…
Ecco il momento in cui Tippe ha quasi perso la pazienza ed è andata a “preparare il dessert”.
Il giovane Peter, l’inglese/Polacco ragazzino protagonista dagli occhi blu, riceve due titoli che ci hanno fatto letteralmente spaccare.
Prima “il flagello dei lupi”, e poi “il magnifico”.
Il parallelo è stato praticamente istantaneo. Non posso dirvi il nome del personaggio, in quanto è il cognome di una persona che conosciamo, e che ancora non sa di fare parte di questa storia, ma avevamo quasi le lacrime agli occhi per la somiglianza con il nostro eroe “spada e scudo” senza paura, bello per sempre, e di cui tutta Sæglópur si è perdutamente innamorata. 

“Venite, magniamo il gelato!”
“Tippe, ma l’hai assaggiato? Sa di misto per soffritto!”
“Stavolta non è scaduto, e non è nemmeno frizzante. Mangia che è buonissimo!” 

‘Mocc.

Your Favorite Milk Delivery Boy.

So Far So Good.

Ma forse anche no. Anzi, direi un “male male qui”.
Ad ogni modo immaginavo che prima o poi avrei voluto usare questa espressione come titolo “per qualcosa da scrivere qua”.
Se non ricordo male basta tornare indietro di qualche mese.
Me ne stavo sul balcone di casa mia, seduto a gambe incrociate sul pavimento ad assaporarmi una Marlboro post cenetta handmade. Un calice di Schiava, un filo d’aria fresca in quella che è stata una estate quasi impossibile, e con uno dei miei pezzi preferiti dei Chainsmokers sullo sfondo, all’orizzonte dei miei pensieri.
Ridevo da solo, perché mi dicevo “dai, fin qui tutto bene”, ma in realtà già sapevo che stavi diventando decisamente un problema per me. Cominciavo già a parlare troppo spesso di te, ad usare la nostra differenza d’età come scusa e, ovviamente, a scherzarci su con le persone attorno a me, dicendo cose del tipo “è nata nello stesso anno in cui i Brand New facevano uscire il disco che ho tatuato sul braccio” oppure cose del tipo “è nata nello stesso anno in cui Juventus e Milan erano sul tetto del mondo, inarrivabili” a seconda del mio voler utilizzare l’argomento musica o l’argomento giuoco del pallone. 
È passato qualche mese e, come da me previsto, la situazione non è cambiata poi così tanto. 

Non è vero. La situazione è decisamente peggiorata.

E adesso sto per raccontarti una bella stronzata così da farti capire quanto.

Perché non inguaiarsi l’agenda, già complicata di per se, cedendo alla richiesta di indossare nuovamente le vesti del Dungeon Master? 
Ero davvero titubante, e con tantissime e valide motivazioni per lasciar perdere, tipo l’essere decisamente fuori allenamento (la mia ultima sessione da DM risaliva alla fine degli anni duemila), tipo la mia dislessia non diagnosticata (molto meglio scrivere: non mi incarto e non sono costretto ad ascoltare la mia voce che per la cronaca ho sempre detestato. Bruno AUTOSTIMA De Micco), e tipo il non poter reggere il  confronto con il signor Montanari (DM di noi poveri nerd e uccisori di mostri della domenica sera, dall’esperienza e dalla competenza per me irraggiungibili, oltre che una delle persone più belle di tutto il creato).
Poi mi sono detto “dai, ma perché no?”.
È una cosa che ho sempre trovato divertente, di creatività ne ho sempre avuta da vendere, e poi un po’ mi stuzzicava l’idea di avere tre giocatori completamente nuovi a quel mondo, due amici e mio fratello.
Sta andando alla grande, Sam in particolare ci è finito sotto di brutto, e già dopo solo una manciata di sessioni avrei abbastanza cose da raccontare da riempire tutto il blog. 
Stasera però voglio solo condividere questa istantanea presa dalla nostra chat dove, per iniziare un veloce recap della sessione precedente, prima ho tirato in ballo il papà della lingua italiana in persona, e poi ho avuto il coraggio di fare questo:


Quindi, cara la mia bella e giovane figlia del fornaio, adesso ascoltami bene.
Quando anche solo un “Ciao Bruno” e pochissime altre parole diventano un problema così grande da condizionarmi così tanto, penso sia arrivato anche il momento in cui te ne devi andare anche un po’ a fare in culo.
Stronza.

Con affetto, si intende.

È pur sempre il mio blog. 
Non va preso troppo seriamente.
Ho ancora voglia di divertirmi.

‘mocc.

Your favorite milk delivery boy.