17-18

Sapreste dirmi che cosa hanno in comune una manciata di gettoni dell’autolavaggio, due cuscini ed una trapunta pieni di piume, ed una partita persa 17-18 giusto all’ultimo istante?

Spero di no.

Saltasse fuori l’argomento in questione, l’unica cosa che mi resterebbe da fare sarebbe trasferirmi a Knockturn Alley per provare a vendere il Fentanyl a quei fetenti dei Death Eaters.
Magari indossando nient’altro se non una divisa dei Wildcats ed una parrucca afro con un labirinto impossibile di ricci, magari dando un colore più scuro al mio viso, e magari presentandomi a tutti come Sir Chad Danforth.

♫You gotta get’cha, get’cha, get’cha, get’cha head in the game, woo!♫

Ed una generosa spruzzata di Bleu De Chanel?
Per forza!
Probabilmente anche in un posto del genere, così tenebroso e malfamato, sarei comunque capace di passare più tempo in bagno di quanto ne passerebbe una bella e boriosa principessina di sto…
Comunque potreste provarci anche voi, almeno ogni tanto, a darvi una bella sciacquata, eh?
Con tutto il rispetto, sia chiaro.

Da qualche parte dovevo pure incominciare a scrivere.

Quel countdown non rispettato ha dato parecchio fastidio anche a me, ve lo posso giurare.
Non sto cercando di giustificarmi, non avrebbe nessun senso, ed in tutta onestà davvero non ne sento proprio il bisogno.
Semplicemente mi dispiace, mi dispiace di non essere stato bene al punto da fare fatica a mettere in fila le parole di quel racconto, al punto da fare fatica a donare a quella storia il giusto peso che per me senz’altro si meritava.
Ho scelto di eliminare la bozza dalla cartella “drafts” quasi come quando stai mixando un pezzo e gira male, quasi come quando ti accorgi che non lo stai portando da nessuna parte, e quasi come quando decidi che “to start from scratch” sia la soluzione migliore tra tutte quelle che hai a disposizione, o forse l’unica strada davvero percorribile per non farti troppo male.

Verrà il momento.

Ad ogni modo, vedere come ultimo articolo pubblicato quella fregnaccia di parafrasi fatta a mo di lagna di 3 libras iniziava ad irritarmi e non poco.
E mancano ancora diversi giorni alla pubblicazione della mia classifica ’25.
Serviva una soluzione.
Non ci saranno altri racconti su questa pagina da qui a fine anno, dunque volevo cogliere l’occasione di fare insieme a voi un saldo dell’esercizio 2025.

«Che cazzo hai detto?»

Ho riletto un po’ di cose, mi sono immerso nuovamente in quelle storie come spesso mi capita di fare quando è il momento di chiudere un capitolo.
Trovo sia giusto tenere per me le mie riflessioni, più che altro perché non sono ancora del tutto convinto di saper scegliere con attenzione cosa sarebbe meglio condividere con voi e cosa no.
Ma sento di dovervi dire grazie.

…a voi che quest’anno siete stati tra i protagonisti principali di queste storie.
Senza tutti questi momenti vissuti insieme avrei dovuto scrivere di altro, e probabilmente lo avrei anche fatto, ma non sarebbe mai stato lo stesso.
Grazie per aver donato parole e colori a questi racconti.

In ordine alfabetico, così non me la menate con gelosie e cazzate varie ed eventuali…

Alessandro Baldiati, Andrea Egeste, Angelo Calza, Angelo Ganfi, Antonella Massini, Cuono De Micco, Daniele Rossi, Diego Montanari, Giovanni Marday, Giovanni Nastrucci, Giuliana Calabrese, Mattia Bragoli, Milena Maggi, Samuele Maggi, Simona Tiano, Simone Rossi, Tiziana De Micco.

A voi dedico con tutto l’amore che posso proprio QUELLA espressione gergale, tipicamente napoletana, e che significa letteralmente “in bocca a tua madre”.

Hai già capito, vero?
Molto bene!

Inutile aggiungere altro.
Non sono più capace di “carinerie over-sensitive” da un po’, nessuna novità.
Cercate di accontentarvi, se potete.
Altrimenti: fotte!

Ci si vede il 31 con una classifica confezionata a regola d’arte, quindi tenetevi forte.

VEEENTIDUUUEEEEE!
Your Favorite Milk Delivery Boy.

P.S.: anche lo Zymil da 250ml misura all’incirca 14cm, lo sapevate?
Facilmente digeribile, buona portatilità, aspetto grazioso…
Alcune clienti lo preferiscono così.
Certe lamentele dovreste davvero tenervele per voi, just sayin’

3 libras.

Ti ho mostrato la realtà, e tu l’hai presa e l’hai portata via con te.
Sono solo un nome, un qualcosa di vago nella tua mente, perso e confuso tra un milione di altri, tutti uguali.

Giuro che per me è quasi impossibile non sentirmi un po’ deluso, lasciato indietro, mentre provo a guardarti dentro senza filtri.
Così inconsapevole della mia esistenza.

Tu semplicemente non mi vedi.

Ti ho mostrato ciò che forse era palese al mondo intero solo per vedere cosa si nascondeva dietro quegli occhi.
Occhi di un angelo caduto.
Occhi di un disastro annunciato.

Eccomi qui, forse sto pretendendo un po’ troppo mentre queste ferite continuano a sanguinare.
Ma io lo vedo, vedo oltre ogni muro che costruisci, vedo attraverso ogni cosa.
Ti vedo.

Perché ti ho sbattuto la verità in faccia solo per capire cosa accade dietro quello sguardo.
Dietro gli occhi di un angelo caduto.
Dietro gli occhi di un disastro annunciato.

E sai cosa?
E sai cosa?
A quanto pare, nulla.
A quanto pare, assolutamente nulla.

Tu non mi vedi.
Tu non mi vedi.
Tu non mi vedi.
Tu non mi vedi.
Tu non mi vedi.

Tu non mi vedi affatto.

esame di immaturità.

Titolo volutamente poco originale ed affidato ad un racconto che una buona parte di me, non so fino a che punto nascosta al mondo intero, narratore incluso, non ha nessuna voglia di scrivere.
Figlio di puttana; e figlio di questa annata alla quale a regalarle un po’ di significato ci si sente tipo Dante al cospetto di quella famosa porta tra due mondi, immobile ed eterna, scolpita nel Canto III così come nei miei ricordi più profondi.
Pensa che a fare una chiacchierata con il buon Virgilio mi ci volevano pure mandare.
E mi è venuto quasi da ridere quando il mio curante, cercando delle risposte tra le pagine di un referto di pronto soccorso, e sgranando gli occhi davanti alle mie lacrime ed al solo ascoltare il tipo di terapia “auto-prescritta” che stavo meticolosamente seguendo ogni cristo santo di giorno, mi ha detto che non se la sentiva più di sostenere la mia scelta di ignorare questo forte disagio psicologico.

«Farsi così tanto male non ha nessun senso.»

Ora ti direi anche che penso di essere abbastanza forte ed intelligente da potermela cavare da solo.
Sicuramente mi suonerebbe molto meglio e più da esemplare alfa rispetto al dirti che non ho mai avuto le palle di affrontare la questione seguendo la via consigliata e corretta.
Ma esiste questo posto chiamato aprilseventeen, quindi ti chiedo scusa se a questo giro non troverai tra le sue pagine i soliti racconti leggeri e divertenti, ti chiedo scusa per non essere capace di buttarla in caciara anche oggi.

Oggi ho qualche pensiero scomodo da lasciare indietro.
Oggi ho qualche bugia da raccontare.

Si pensa che sognare frequentemente di dover ri-affrontare l’esame di maturità sia un sintomo di forte ansia e stress legati a prove o sfide importanti nella vita, oltre che di insicurezza e di paura più o meno giustificata di non “essere all’altezza”.
E fotte?
Primo perché il mio esame di maturità è stato preparato in una stanza piena di tavole da skate spezzate e fissate alle sue pareti, di punk-rock, di amicizia, di frullati alla mela e di altre “sostanze deliziose” che sicuramente non favorivano la concentrazione… però… chi ben comincia?
Quindi sarei infinitamente grato a tutto il mondo dell’interpretazione dei sogni se mantenesse le distanze e si tenesse alla larga da quei ricordi.
Secondo, così ad occhio e croce, ti direi che in questa occasione mancano ancora un paio d’anni tutti interi prima della fine del liceo.

Lezione con allievi provenienti da più classi diverse, una di quelle che «bene così, oggi non si fa un cazzo», e mi metto ad osservare ragazze e ragazzi mentre varcano la porta dell’aula con espressioni tipiche di un gatto che viene portato in un ambiente per lui nuovo, canzonandoli il giusto e ridendo di questa cosa insieme ai miei due storici compagni di banco (guess what? rigorosamente in fondo a destra).
La lezione comincia e, com’era più che prevedibile, nessuno si sta filando di striscio le parole vuote di quel povero professore.
Bellissima quella barba dall’aspetto così trasandato che la forma delle sue labbra te la puoi soltanto immaginare, ma con quel tono di voce così piatto e così privo di ogni traccia di anima non puoi aspettarti che mi prenda la briga di immergermi nel pensiero di… di… «di chi è che sta parlando?»

Ci sei anche tu, e ci scommetto tutto quello che vuoi che se fossi stato dietro a mordicchiare la matita, come spesso mi trovo a fare senza neanche accorgermene, questa sarebbe caduta inesorabilmente sul banco dopo questa sorpresa del tutto priva di un minimo senso.
Ho riconosciuto il tuo viso solo perché sono io il regista di questo sogno, so che sei tu, altrimenti sarebbe stato quasi impossibile farlo.
Non ti conoscevo in quel periodo, quindi mi tocca fare i complimenti al mio subconscio per la bellissima elaborazione grafica della tua versione da teenager, altro che A.I.!
Non mi sento a mio agio.
È bellissimo quando ci sei, ma oggi mi viene troppo difficile trovarmi nella stessa stanza, abbi pazienza.
Senza contare poi che no, non ho nessuna intenzione di condividerti con tutte queste persone. (Geloso? Io?)
Quindi faccio su frettolosamente l’Eastpak viola preso in prestito da Tippe e decido di uscire dall’aula, ignorando i numerosi e rumorosi improperi del barbuto professore, e risolvendo tutta la questione con un singolo gesto della mano che in claris non fit interpretatio.

Giro tra i corridoi di questa scuola che riconosco come familiari solo in parte.
È come se il loro stile fosse sospeso tra Hogwarts e le parti più vecchie del Respighi, con un livello di pulizia così preoccupante da farmi sospettare che il povero bidello sia stato divorato dai giganti in una delle loro scorribande all’interno delle mura.
Salgo su per una scala antica in ferro battuto facendo molta attenzione a non appoggiare le mani su quella ringhiera arrugginita, per poi trovarmi davanti ad una porta di legno socchiusa ed appartenente ad una stanza di cui ho sempre ignorato la sua esistenza fino a questo momento.

Un debolissimo soffio di luce la illumina appena appena da poter dire di vederci, ed un forte profumo di musica mi investe già dai primi passi incerti mossi al suo interno.
Le mie scarpe si trovano su di un mosaico di una bellezza tale da toglierti il respiro, e le sue tessere mi stanno raccontando di una lontana e dimenticata leggenda proveniente dalla antica Grecia.
Sono circondato da strumenti musicali.
Se un tastierista si trovasse improvvisamente qui dentro sarebbe molto difficile riuscire a convincerlo di non essere morto e di non trovarsi in paradiso.
C’è di tutto, dai vecchi sintetizzatori analogici agli MS-20, dai Juno fino ai Virus, dalle DX7 passando per i Rhodes, gli Hammond, e fino alle più recenti e moderne workstation.
Sembra che ogni singolo strumento a tasti mai prodotto dalla razza umana si trovi entro i confini di questa stanza, stanza che nasconde esattamente nel suo centro il più prezioso tra tutti i suoi tesori: un imponente pianoforte a coda.

Mi avvicino a testa bassa, fissandomi le scarpe, quasi come se volessi mostrargli tutto il rispetto che posso.
Sono consapevole che le mie mani non sono degne e mai lo saranno anche solo di sfiorare quei tasti bianchi e neri, ma non credo che l’occasione di suonare un Model D mi si ripresenterà mai nella vita.
Scelgo una nota a caso.
Lascio che rimbalzi tra le pareti fino alla fine naturale della sua vita.
Dopodiché sposto con cura la panca, mi siedo, ed inizio a suonare.

Il suono è così intenso e reale che niente e nessuno sarebbe mai capace di svegliarmi, di interrompere questo sogno dove sono completamente immerso in un brano di cui non ho memoria, ma che le mie dita stanno creando con delle dinamiche e con delle intenzioni delle quali non credevo fossero capaci.
Chiudo gli occhi e me ne vado lontano, dove tutto il resto smette improvvisamente di esistere, ed è come se non fossi più io ma direttamente la mia anima a disegnare quelle melodie.
È tutto così semplice, leggero.

Poi il suono inconfondibile di passi dietro di me.

Mi volto e sei sulla porta al limitare della stanza, con una espressione dispiaciuta scritta sul tuo viso.

«Scusami, non volevo disturbarti. Per favore, non smettere.»

«Va bene, ci provo! Ma non restare sulla porta, che così mi metti ansia. Dai vieni, ti faccio spazio!»

Attraversi tutta la stanza con meno della metà della curiosità che ho mostrato io verso questo posto, quasi di corsa, e ti metti a sedere da parte a me (sbattendo un ginocchio sul piano in maniera troppo goffa).
Ti metti a fissare qualcosa di imprecisato proprio lì dove avrebbe dovuto esserci uno spartito, e te lo lascio anche fare per un po’; dopodiché decido che anche basta, e con un dito sotto al mento ti costringo a guardarmi giusto un istante prima di scoppiare a ridere entrambi imbarazzatissimi per la situazione.

Ricomincio a suonare cercando di dirti in musica ciò che non sono mai riuscito a dirti con le parole, cercando di farti capire cose che non sono mai stato capace di spiegarti in altro modo.

Provo ad aggrapparmi a questa realtà come meglio posso, ma so che sto per andarmene.

Il suono dell’asciugatrice, o forse l’assurdità di questo desiderio mai espresso volontariamente.
Difficile trovare un colpevole.
Fatto sta che nel giro di un niente sono nuovamente sdraiato su questo divano nero in quel di Via Carli 38.

Tu non ci sei.
Quel Bruno non esiste più.

Le parole moroso, marito, e padre, mi suonano solo e sempre di più come bestemmie e futuri rimpianti.
Negli anni ho fatto anche di peggio, lasciando che attorno a me si distruggessero relazioni di ogni tipo, etichettando come proibita anche la parola amico, cancellata dal mio dizionario il 18 Luglio 2019.
Non sono capace del minimo gesto di affetto se non in rarissimi casi (di cui poi quasi sempre finisco per pentirmi) ed ho paura, ho una paura fottuta di provare qualsiasi forma o tipo di amore verso chiunque.
Figata.
Ciò non di meno, non importa quanto io pensi di riuscire a tenerti a distanza di sicurezza, a lasciarti indietro.
Tu un modo per tornare sembri trovarlo sempre, e la cosa è diventata troppo divertente.

Credevo che un sogno così mi avrebbe demolito.
Ma oggi non ho nessuna voglia di sentirmi giù, è escluso.
Ci rido sopra.

Beviamo qualcosa, ti va?

In alto i calici per il “Dicono che con il tempo tutto quanto passa, Ma quand’è che passa? Perché non mi passa”, e scusami, caro Enrico, se sto dando ad una tua canzone l’ultima tra tutte le interpretazioni presenti nella lista di quelle che pensavi possibili quando l’hai scritta.
Oggi ti ha detto male.

In alto i calici perché sono riuscito, almeno per il momento, a piantarla con le parti più pericolose di quella “terapia auto-prescritta” di cui ti parlavo nelle primissime righe.
Vero, obbiettivo raggiunto solo dopo essermi fatto particolarmente schifo in quel pomeriggio di metà agosto dove avrei fatto qualsiasi cosa per fermare quelle lacrime, per non sentire quel dolore.
Sono convinto che, se mai saltasse fuori la causa scatenante, il novanta per cento di voi lascerebbe queste pagine per non farci più ritorno.
Ma, ehi!
Almeno è servito a qualcosa.

In alto i calici perché, nonostante tutto, sto ancora cercando un modo per restare in equilibrio.

Infine: in alto i calici per tutti quelli che credono nell’interpretazione dei sogni e negli oroscopi.
Ma questa frase la lascio qui solo per rendere omaggio ad un mio affezionato lettore.
Mai stato un fan dell’astrologia:
descrivono quelli nati sotto il segno del leone come dotati di una personalità carismatica, orgogliosa, generosa e leale.
Aggettivi troppo inadeguati a descrivermi, escludendo l’ultimo.
Tu sembri crederci, e la cosa mi diverte davvero un sacco.

Grazie per avermi incoraggiato a scrivere queste cose nella speranza che potessi liberarmene.

Ho capito, ho capito!
Inspiegabilmente questo leone un po’ atipico sembra andarti a genio, ma è un altro segno zodiacale a causarmi più di qualche “fastidio”, ad essere fonte di più di qualche “preoccupazione”.
Comportati bene, che ad accendere quel mio istinto piromane degno di Burzum e di tutta la scena Black Metal di quegli anni non ci metto davvero niente! 😉

Comunque sta bottiglia fa davvero pietà, giuro non si può bere.
Che sfiga!
Immagino finirà nel lavandino.
Che Dioniso abbia pietà di me!

‘Mocc
Your Favorite Milk Delivery Boy.

«Solo cinquanta e cinquanta?
In realtà speravo un po’ di più, ma va be…
Vedrò di accontentarmi!»








right here, right now.

Se è di Apple Music che stiamo parlando, allora sappi che sono una delle più devote ed affezionate tra tutte le sue fangirl presenti in questo regno.
Bene irrinunciabile che utilizzo costantemente dal momento della sua creazione, da quel giorno in cui mi è stata data la possibilità di avere accesso, in qualsiasi posto ed in qualsiasi momento, a quasi tutta la musica scritta e prodotta al di sotto della volta celeste.
Ti basta versare nelle casse di Mamma Apple l’equivalente in Euro di circa mezzo disco in vinile ogni mese ed il gioco è fatto; la più nobile e raffinata tra tutte le forme d’arte esistenti e mai esistite sarà sempre al tuo fianco, 24/7, amica fedele ed infaticabile.
Mi capita spesso di discutere con lei proprio come se avesse una sua vita propria, e mi capita spesso di farlo soprattutto quando mi viene difficile da capire quel filo logico che dovrebbe unire il brano da me scelto con il brano da lei proposto come ascolto successivo.
Non è questo il caso.

Atto I.

E davvero non c’era nessuna traccia di delusione presente in me quando l’altra notte, dopo essermi spontaneamente immerso nei suoni di Sick Luke e nel flow di Sayf per tutti i due minuti ed undici secondi della loro “Testa O Croce”, ho ascoltato la voce di Sant’Antonio Hueber da Padova mentre saturava completamente ed in un solo istante tutto l’abitacolo della mia Mailazza.

«Ho mischiato le carte. 
Ho preso tante cose nella vita,
ma con te sono su Marte.»

Parliamo di uno dei miei pezzi preferiti in assoluto e che se ne sta in uno dei miei dischi preferiti in assoluto.
Ho tanti dubbi, e mi pongo sempre troppe domande su qualsiasi cosa, ma non leggerai nessuna traccia di esitazione mentre ti dirò che “Umile” sarebbe uno di quei dischi che sicuramente porterei con me su un’isola deserta, con buona pace di quella santa donna che mi ha messo al mondo.

«Io proprio non capisco cosa ci trovi di speciale in lui ed in tutto il movimento di cui fa parte.
Tony Boy fa veramente cagare, secondo me ci stai prendendo tutti quanti per il culo.»

«Stai scherzando, vero?»

«No no, sono assolutamente seria.
Ti ho visto crescere osservandoti con orgoglio mentre scoprivi ogni giorno nuova musica, e mi è sempre piaciuta un sacco la tua capacità di saper apprezzare tanti generi diversi.
Hai una cultura musicale infinita ed invidiabile, non ti può piacere davvero sto Tony Boy.
Repetita iuvant:
Tony Boy fa veramente cagare!»

«Ma non ti permettere, pazza eretica!
Chiedi umilmente perdono e non mancare mai più di rispetto al Goat in mia presenza.»

«Ma vafammocc ‘a mammeta, con tutto il rispetto per quella stronza che poi sarei io!
Stai zitto e mangia!
Tony Boy…
Madonna santa, che si passa!»

Poi è successo tutto nel giro di un attimo.
Quasi senza accorgermene stavo per ammazzarmi.
E sarebbe stata una cosa così veloce ed improvvisa che nemmeno saprei dirti con certezza se per colpa mia o meno.

Ho proseguito per qualche centinaio di metri tentando di scrollarmi di dosso la cosa come meglio potevo, ma questo solo per poi capire quasi subito che mi sarei dovuto fermare un secondo sul bordo della strada:
tenere le mani sul volante non era più una cosa così tanto facile e banale, stavo tremando come una foglia, e potevo ascoltare il cuore martellare a velocità folle mentre scandiva i suoi battiti percepibili dalla punta delle dita fino ad ogni mio angolo più remoto di pelle.

«Sarei morto ascoltando Mischiare Le Carte!»

Nemmeno il tempo di finire la frase e sono scoppiato a ridere come un cretino.
Scendo dalla Maila per far capire ai miei “muscoli” che sono ancora io quello che comanda qui, poi mi accendo una Marlboro, e mi metto ad ironizzare mentalmente sull’esperienza appena vissuta.
Mi sono immaginato un sacco di cose, da dottori che fissavano increduli i miei esami irrimediabilmente compromessi da mesi vissuti senza controllo (e magari scommettendo l’uno con l’altro su quanti minuti impiegherebbe il mio sangue ad uccidere un soggetto sano dopo una generosa trasfusione), al fatidico incontro con Pietro al cospetto di quel famosissimo cancello argenteo…

«Oh, Brunino!
Via quella faccia stupita, tranquillo, non varcherai mai quella soglia.
Le legioni dei 9 inferi di Baator stanno impazientemente attendendo la tua putrida anima, ed il tuo addestramento comincerà nel giro di pochissimo tempo.
Ero solo troppo curioso, morivo dalla voglia (no pun intended) di conoscerti, di stringerti la mano.
Troverai il traghettatore di anime alla fine di questo sentiero.
Il tributo richiesto per la traversata dell’Acheronte è sempre di un Obolo, ma questo tu lo sai molto bene, non è vero?
Ti confesso che in molti sono ancora convinti che su quel lido dannato si usino le dracme, roba da matti.
Fa buon viaggio e…
Lay down your soul to the gods rock ‘n’ roll!»

Quasi come in risposta a questa sbirciata al di là del velo decido di tornare sulla Maila, metto su i Venom, e quindi riprendo finalmente la mia strada, lasciando alla voce imperiosa di Cronos il compito di guidarmi sano e salvo verso casa.

Ad ogni modo, in quella notte ero ancora all’oscuro di due cose.
Uno: ammesso di avere la possibilità di scegliere, non sapevo quale canzone sarebbe stata davvero degna di essere ascoltata come ultima appena prima di varcare l’oscurità.
Due: se effettivamente fosse finito il mio tempo, non avrei mai vissuto il pomeriggio incredibile che sto per raccontarti tra le righe che seguono.

Atto II.

Comincia tutto con una mia idea, idea che ha affondato le sue radici nella mia mente ad inizio aprile di quest’anno.
Volevo fare un regalo speciale per una persona che “holds a special place in my heart”.
Volevo regalargli qualcosa che non si potesse comprare, qualcosa che necessitasse un po’ di impegno, di “sputare un po’ di sangue” per la sua realizzazione, qualcosa che fosse indiscutibilmente nostra.
Non potevo che scegliere proprio questa canzone.
Ed è così che quindi, approfittando del periodo passato in studio per la produzione di alcune tracce con la mia metà della mela musicale, quest’estate ho inciso una mia versione di “A Thousand Miles” prendendo spunto dalla Vanessona, dai Vanilla Sky, dagli Yellowcard, dalla mia “frangia ed acne”, e da alcune modifiche “troppo chill” confezionate con tanta maestria dal destinatario di questo dono mentre ci trovavamo a circa duecentoventi chilometri da casa.
Sentivo di volerlo fare, e sentivo quasi di doverlo fare.
Fosse stato anche solo per cercare di onorare quel debito verso la fortuna sfacciata che ho avuto ad incrociare la mia vita con la sua fin dal giorno zero; fin da quel giorno in cui due poveri disgraziati stavano parlando per la prima volta senza nessuno intorno in uno spogliatoio, prendendo per il culo l’eccessivo vittimismo tipico di alcuni tifosi partenopei capaci di vedere del razzismo anche in una coreografia da stadio dove il diavolo teneva stretto nella sua morsa il povero pulcinella.

«Terroni Bastardi!» (cit.)

Fast-Forward fino al pomeriggio incriminato.
Esco di casa e ad aspettarmi trovo lei: espressione piratesca e sorrisetto diabolico.
Non potevo neanche immaginare che cosa avesse architettato alle mie spalle quella grandissima stronza.
In pochi minuti arriviamo sotto casa di lui e, dopo una giusta dose di convenevoli e di smancerie in vario assortimento, siamo tutti e tre sul doblò di lei.
Tra le mani ho le mie fedelissime Beats.

«Ho fatto un feat. con Faneto, e ci tenevo davvero tanto che tu lo ascoltassi per primo.
Buon Compleanno.
Comunque R sta per Destra e L sta per sinistra.»

Ti giuro che assistere alle sue reazioni è stato allucinante, ne è valso ogni secondo ed ogni goccia di sudore immolati alla causa; e dopo diversi e goffi tentativi di cercare contatto fisico attraverso i sedili del doblò…

«Dai Brunello, scendiamo che voglio abbracciarti!»

Siamo di nuovo nel piazzale e mi sto assaporando il momento.
Spazzo via quella nuvoletta nera che sembrava volesse dirmi «e se non dovesse apprezzare il tuo gesto?» e mi prendo qualche istante per sentirmi invincibile.

Poi, l’imprevisto.
L’oscuro piano della peggior paladina di Sehanine Moonbow che si sia mai vista stava prendendo vita proprio sotto al mio naso.

«Già che ci siamo, ho una proposta da farti!»

Lei trattiene con scarsi risultati una risata; io non capisco; mentre lui prima estrae dalle sue tasche una poké ball, poi si inginocchia, la apre rivelandone il contenuto (un Bulbasaur con un anello nero legato da un nastro viola attorno al suo dorso), e dopo essersi schiarito la voce…

«Brunello… vuoi venire al Lucca Comics con i tuoi amici??

Scoppiamo a ridere tutti e tre per il momento surreale, davvero degno di un film, e mi è servito più di qualche secondo prima di poter rispondere…

«Ma certo che sì! E come cazzo faccio a dirti di no??»

Al che lui, ancora nelle vesti dell’attore protagonista, si alza con un gesto atletico, per poi urlare a squarciagola tutta la sua gioia verso il cielo…

«Ha detto sì!! Ha detto sì!!»

Cala il sipario.
I nostri tre eroi sono stretti in un abbraccio collettivo neanche fossero Eren, Armin e Mikasa; con la Baia Del Re a fare da cornice e da testimone di questa solenne promessa:
mercoledì 29 ottobre sarà Lucca Comics & Games.

Atto III.

Sono con lei davanti ad un paio di gin tonic, inizia ad esserci un po’ freddo, e sto ancora cercando di processare gli avvenimenti recenti al meglio delle mie possibilità.

«Allora, come ti senti?»

«Mi avete fatto spaccare dal ridere, te lo giuro!
Indimenticabile.
Povero, guarda cosa cazzo gli hai fatto fare!»

«Pazzesco, davvero.
Mentre preparavo il tutto, un po’ me la stavo già disegnando la scena nella mia testa, ma devo dire che onestamente non me l’aspettavo così bella.
Lui è stato davvero bravissimo, ha superato ogni mia aspettativa.»

«Concordo, è stato fenomenale.
Ma anche tu non sei stata da meno.
La Pokè Ball, Bulbasaur, l’anello, la proposta…
Sei stata geniale.
Maligna sì, ma comunque geniale.»

«Guarda che mi sono impegnata moltissimo per questa cosa, sappilo!»

«Questo si chiama giocare sporco, piratessa!
Altro che paladino…»

«Eh, ci si teneva davvero tantissimo che tu venissi a Lucca, quindi ho fatto il mio gioco.
Sapevo che non saresti mai stato capace di dire di no.
Gli vuoi troppo bene, è palese!»

«Tu sei una stronza, è palese!»

«Tivibì, bitch!»

«Io per niente… e comunque questi gin tonic li paghi tu, lo sai, sì?»

«Niente da obiettare…»

‘Mocc.
Your Favorite Milk Delivery Boy.

«Ho mischiato le carte. 
Ho preso tante cose nella vita,
ma con te sono su Marte.»

Sant’Antonio Hueber da Padova, in arte Tony Boy.
Vero Goat.

Life On Mars?

♫ It’s a God-awful small affair
To the girl with the mousy hair ♫

“Ma veramente ti sei innamorato di una tipa che hai visto una sola volta in vita tua?”

Ma certo che sì!
Ovvio che sì!
Stiamo parlando di me, hai presente?

Quel lattaio capace di innamorarsi anche cinque o sei volte al giorno.
Quel lattaio capace di innamorarsi anche del nulla, anche solo di un’idea.
Quel lattaio che, se sei riuscita ad attirare la sua attenzione mentre stava mettendo cose a caso su di uno scaffale, ti inseguirà con molta “discrezione” tra le varie corsie, fingendo magari di essere improvvisamente interessato ai valori nutrizionali o agli ingredienti del primo prodotto che gli capita a tiro…

Resta con me qualche minuto e ti racconterò tutto.
Prometto che non dovrai pazientare molto, stavolta saranno solo pochi concetti e dritti al punto…
Non ho nessuna intenzione di dilungarmi più di tanto.

Is There Life On Mars?

Ma che ne so!
Sto facendo già abbastanza fatica a capire “questa vita qui” anche senza pensare a quella su Marte.
Con tutto che per Marte sarei pronto a partire anche adesso, in questo momento… puoi dire lo giuro!
Con tutto che su Marte qualche volta mi ci sono sentito per davvero, proprio come se quel pezzo lo avessi scritto io…

Sto rallentato un secondo.
Sto cercando di fare ordine come posso.

L’ astinenza dalle Marlboro non è per niente simpatica, è molto ma molto peggiorata rispetto all’ultimo ricordo che avevo di lei.
Ok, è solo una questione di qualche giorno, ma la situazione è comunque riassumibile con uno dei miei più sinceri e sentiti “Male Male Qui” tra tutti quelli masticati in tempi più o meno recenti.

Il punto è che con Mester abbiamo da poco finito di registrare tutte le parti strumentali dei pezzi che avevamo in ballo, e sono parecchio soddisfatto dei piatti che, con tanto amore, stiamo cucinando per voi.

Non abbiamo un cantante, e nonostante lui sia in grado di cantare decisamente molto meglio di me, ha comunque deciso che questo compito spetti esclusivamente al sottoscritto, chiamandosene completamente fuori.
Che infame!

Voglio provare a registrare le migliori take di voce tra quelle che mi è possibile fare, ed è proprio per questo motivo che ho deciso di prendermi cura per qualche giorno di voce e respiro (nonostante sappia molto bene che la cosa non potrà spostare più di tanto gli equilibri, ma pace… Almeno potrò dire di averci provato).

So di essere di parte (ovvio, stiamo parlando di Mester), ma lavorare insieme e fianco a fianco ancora una volta è stato davvero incredibile.
Ti giuro che rimanere ad osservarlo mentre se ne parte completamente a caso con il suo ♫ Do You Want To Build A Snowmaaan ♫ tra una prova e l’altra (e con la sua unica ed inimitabile faccia da schiaffi) è davvero impagabile!

M.: “Eh Brun, con due bimbe piccole è più che normale conoscere a memoria le canzoni di Frozen.
Tu, piuttosto?
E già che ci siamo…
Ora che la figlia del fornaio è solo un lontano ricordo, ora che la tipa ti ha lasciato, ed ora che il boccia non lavora più da voi…

Possiamo considerare finalmente chiuso il tuo periodo di musica di merda??
Con tutto il rispetto eh, sia chiaro!”

B.: “Disse quello che ascoltava Mattafix, giusto?
Mi spiace deluderti, Mester!
Comunque su Frozen mi avvalgo della facoltà di non rispondere!
Sulla duemilatre posso solo ribadire che la sua unica colpa è stata quella di avermi fatto conoscere Shiva… Per tutto il resto (o quasi) ho fatto da solo.
Con la mia ex poi, se così la si può chiamare, parlavamo poco o niente di musica (o forse sarebbe più giusto dire che parlavamo pochissimo in generale, ma fotte).
E per quanto riguarda il boccia invece… Ti posso solo giurare su tutto quello che vuoi che gli voglio abbastanza bene da potermi presentare a suonare in calze e ciabatte da qui fino alla fine dei nostri giorni se tu dovessi chiamarlo così anche solo un’altra volta, io te lo dico…

M.: “Va bene… Brunello!
Però, prossima volta che lo senti, digli solo che ho visto in giro una Colt cabriolet che faceva proprio al caso suo… Gasava Tantissimo!”

B.: “Eccolo! Ma quanto sei scemo?? 😂 Dai, suoniamo!”

Is There Life On Mars?

Non saprei.
Di sicuro dovrei preoccuparmi molto di più della mia vita in Via Conciliazione angolo Via Calciati se solo non avessi Alice al mio fianco a proteggere il mio posto di lavoro di questi tempi.

La signorina è parecchio più nerd del solito ultimamente, tipo al punto da riguardarsi (e nella sua interezza) tutta la saga innominabile.
Cinque film.
Uno peggio dell’altro…
Esatto: proprio quella saga di cui avevamo ri-fatto il casting qualche mese fa.

Un po’ deve averci preso gusto, o forse l’altra mattina si sentiva solo un po’ più Clary Fairchild del solito, fatto sta che a questo giro ha deciso di scrivere a Netflix chiedendo di potersi occupare in prima persona del reboot di Shadowhunters.

Ammetto le mie colpe:

B.: “Simo, ascoltami bene!
Se mai io dovessi andare al Lucca Comics ’25 vedrai che farò di tutto per incontrare la mia bella Cassandrona!
Ho intenzione di farmi fare un autografo sotto al capezzolo sinistro per poi farmelo tatuare…”

Mai avrei creduto di provocare in lei una simile reazione:
Ha già completato il casting di tutti i personaggi principali della saga, ed è stata davvero fenomenale!
Posso garantirti che se mai la Marina un giorno decidesse di abbassare definitivamente le serrande… beh, il mondo ci guadagnerebbe un direttore artistico di assoluto livello.

B.: “Comunque, senza offesa eh, ma non pensi che il tuo parabatai abbia più di qualche problema con le fasi lunari?
I’m just saying…”

S.: “Senti Alec, ti devo ricordare chi è il tuo parabatai o facciamo come se fosse tutta una questione di circostanze come al solito?”


B:: “Eh, ma che caratteraccio però…”

Is There Life On Mars?

Forse.
Nel dubbio posso solo dirti che ho cominciato già da un po’ a tracciare qualche linea appartenente al disegno della mia vita successiva.

Stavo facendo due passi con mio padre, ed il povero malcapitato si è trovato in mezzo ad una delle mie ultime litigate via telefono, una delle mie ultime situazioni in cui mi sono trovato a prendere dei nomi in maniera gratuita, completamente a caso.

Butto giu, poi restiamo qualche secondo ad osservarci in religioso silenzio, senza dirci nemmeno una parola.
Fino a che…

B.: “Pa, posso dirti una cosa?”

C.: “Tutto quello che vuoi!”

B.: “Se nella prossima vita avrò ancora l’onore di averti come padre… sappi che avrai un figlio omosessuale!”

C.: “Mah… in quel caso penso che avresti altri tipi di c***i!

B.: “Afferrato il concetto.”

Come se pianificare il futuro possa avere anche solo il minimo senso.
E come se certe scelte siano davvero solo mie da prendere.

Ho combinato un sacco di disastri ultimamente, forse anche troppi.
Pensavo che per un po’ anche basta così, e pensavo che per un po’ me ne sarei stato nel mio.
Pensavo che avrei passato un po’ di tempo a capire e sistemare due o tre cose prima di…

Poi ecco che Sir Giovanni (out of the blue, ed in un giorno completamente a caso) mi dice di essere in giro per Piacenza, e mi chiede se mi va di accompagnarlo alla ricerca di un nuovo smartphone per suo padre.

Cosa potrà mai andare storto, giusto?

Ci troviamo in un negozio non troppo lontano da casa mia.
Lui sta dando un’occhiata al settore telefoni da due soldi che tanto mio padre lo distruggerà tempo zero, e mi sta parlando di quali caratteristiche minime dovrebbe avere per non portarsi a casa proprio una stronzata…

Sembra che mi stia parlando in un’altra lingua, e comunque non vedo nessun telefono davanti a me.

Il mio sguardo si posa solo su di lei, sui suoi capelli corti e scuri, sui suoi gesti, sul modo in cui sta sorridendo mentre parla con il suo collega, sui suoi tatuaggi e su uno tra questi in particolare:
Il volto di David Bowie, riconoscibile anche senza troppi dettagli, ed una scritta dal tratto sottile e semplice…
Rebel Rebel.

Sono già innamorato.

Non so niente di lei, nemmeno il suo nome.
E sono già tornato diverse volte in negozio senza essere mai più riuscito a beccarla.
Come se non fosse mai esistita.
Come se me la fossi solo immaginata.
Frustrante.

B.: “Oh, ma dov’è la mia Rebel Rebel?? Dici che non riesco a beccarla per i turni? Sarà in malattia? Forse era in prestito da qualche altro punto vendita? Dai, è Agosto, forse è solo in ferie…”

G.: “Sì, ma stai calmo… secondo me ha dato le dimissioni!”

B.: “Vai in culo my dawg, davvero… detto con l’anima”


Fine della storia.

Morale?
Diffida sempre da chi cerca compagnia per comprare un telefono a suo padre, specialmente se munito di uno spa-ven-to-so pannocchione di notevoli dimensioni, specialmente se poi è anche un po’ troppo…
(no dai, stavolta no… poi Donna Giuliana si incazza).

‘Mocc
Your Favorite Milk Delivery Boy.

Entreat me not to leave thee,
Or return from following after thee—
For whither thou goest, I will go,

And where thou lodgest, I will lodge.
Thy people shall be my people, and thy God my God. 
Where thou diest, will I die, and there will I be buried. 
The Angel do so to me, and more also,
If aught but death part thee and me.


(Simo… che te possino! 😉)


Mondegreen

Mi capita spesso di scrivere per poter contemplare ricordi, per poter ri-vivere al bisogno alcuni tra i momenti che ho vissuto o che sto vivendo.
Mi capita spesso di scrivere per provare a strapparti un sorriso, magari mettendo in evidenza i miei lati più curiosi, o semplicemente raccontandoti alcune situazioni al limite dell’imbarazzo.
Mi capita spesso di scrivere per provare a mettere da parte alcuni tra i miei pensieri più scomodi, nella speranza che possano restare intrappolati tra parole e racconti.
Mi capita spesso di scrivere per nessuno di questi motivi in particolare…

Ti sarà già successo almeno una volta o due, magari ascoltando una canzone con il testo scritto in una lingua diversa dalla tua.
Comprendi in maniera sbagliata una frase e poi finisci per portarla da tutt’altra parte, dando a quel pezzo un significato completamente nuovo, spesso ridicolo, o comunque del tutto diverso dal significato originale infuso dall’artista.

(Ok, ma ancora non ci siamo, messo giù così sembra quasi un discorso serio…
E questo proprio non vuole esserlo.)


Per capirci meglio:
Non sto parlando di casi come “Every Breath You Take” dei Police, oppure tipo “You’re Beautiful” di James Blunt.

(Ti direi anche che ovviamente sono stati scelti a caso tra gli esempi più efficaci…
Fosse anche solo per sentirti dire “m” come molto, “d” come deve essere vero, e “g” come glisssss!)


Non so quanti ascoltatori hanno preferito concentrarsi sul lato più romantico e mieloso di quelle note e di quegli accordi, ignorando i colori decisamente più amari e realistici delle parole raccolte in quei testi.
Allucinante.

Dai, la prima è una delle canzoni più sinistre ed oscure che conosco:
Parla di ossessione senza una fine, di volontà di controllo, e della gelosia ingiustificata e provata da uno stalker verso una persona che non lo ricambia.
Non riesce a lasciarla indietro, ne osserva “ogni mossa” ed “ogni respiro” da lontano, del tutto incapace di andare avanti.

La seconda, se possibile, è forse pure peggio:
Parla di un tipo strafatto (sotto l’effetto di non si sa cosa) che incontra casualmente in un posto parecchio affollato una persona di cui è profondamente innamorato, vedendola in compagnia di qualcun altro, felice.
Ogni frase, ogni parola è carica di nostalgia, di tristezza, di senso di vuoto e di impotenza…
Possibilità mai realizzate.
Desideri mai avverati.
(go figure!)

Mondegreen è un’altra cosa.
Sbagli ad interpretare una parola oppure una frase ed inconsciamente la sostituisci con un’altra dal suono vagamente simile.
La tua testa si trova davanti ad un qualcosa che non riesce a decodificare del tutto, magari per la presenza di alcuni disturbi o semplicemente per la particolare pronuncia del cantante.
Ecco che poi, quasi per magia, cerca di ricondurla ad un altro qualcosa che già conosce, dalle sembianze decisamente più familiari.

È proprio con questo processo che nascono i migliori tra i testi storpiati:
Canterai per sempre “le galline con le spine” al posto di “like a wheel, gonna spin it”, con buona pace di Bon Scott e dei suoi AcϟDc.
E non me ne voglia Robert Plant, o nessuno tra i membri dei gloriosi Led Zeppelin, ma “hanno le sedie verdi scure” gasa sicuramente molto di più rispetto ad un banale e semplice “I’m gonna send you back to schoolin'”, e negarlo non ha davvero nessun senso.

Avrei potuto anche accontentarmi, una definizione così cretina di un termine la potevo tranquillamente considerare all’altezza del mio modo d’essere, senza star lì a sbantecare più di tanto.
Ma sentivo di volere di più, sentivo che non mi bastava.

È di musica che stiamo parlando, e sai benissimo che quando lo stai facendo con me vincoli o schemi smettono di esistere al primo respiro.

Questa parola poi è troppo bella, suona troppo bene.
Non so, ha un certo je ne sais quoi di magnetico (per dirlo con parole affini allo stile senza tempo del bardo Olivier)
Mi è rimasta impressa da subito.
La mastichi per la prima volta e la sensazione che ti da è paragonabile al primo incontro con qualcuno che ti ha rapito dal primo secondo.
Ricordi il posto, il momento, addirittura le prime parole scambiate senza nessuno intorno.
Non può bastare così.

Non può bastare così.

Ne farò uso improprio.
Perché alla fine poi “fotte”.
Sono fatto così.

Per me Mondegreen è un’altra cosa:

Parole e suoni iniziano a scorrere liberi dentro di te, serve loro solo un istante per aver accesso a tutto ciò che sei.
Non ci sono più filtri, i muri crollano tutti uno dopo l’altro, ed i tuoi punti di luce vengono compressi assieme ai tuoi lati d’ombra in un nuovo ed unico essere.
Lasci che ti portino dove meglio credono, che ti mostrino tutto ciò che vogliono, che ti facciano sentire più vivo che mai, o che ti lascino letteralmente ad un passo dal morire.

È la mia personale interpretazione che do alle cose che ascolto, usando esclusivamente la mia storia come solo ed unico parametro.

Mondegreen è quel ricordo a cui mi aggrappo con tutte le forze che ho, tenendomi il più stretto che posso.
È quel momento vissuto così intensamente da sentirne ancora la fragranza.
È un brivido, è gioia senza una fine.
È una lama che ti passa da parte a parte con una facilità disarmante.
È un dolore così lancinante da essere insopportabile.
È quel desiderio che non avresti mai voluto esprimere, per non sentirti così tanto un cretino.
È la fine di un qualcosa che non ha mai avuto davvero un inizio.

Il vinile che ho in questo momento sul giradischi ne è pieno, in ogni suo singolo solco.

Ovunque.

È per distacco il mio disco preferito tra quelli usciti in quell’anno, il mio disco preferito di un artista che amo con tutto me stesso, ed uno dei miei dischi preferiti in generale ed in assoluto di sempre e per sempre.

Ti direi anche di che disco sto parlando, ma (guess what?) non avrebbe senso.
Ti condizionerei, e preferisco dare più importanza alla sensazione in se piuttosto che alla situazione esatta.
Preferisco lasciarti la possibilità di poterti immedesimare.
(E poi sì… Mester mi riempirebbe di parole)

Mi sembra davvero che tu sia proprio qui da parte a me, e che fisicamente stia cercando di portarmelo via.
Faccio fatica ad andare avanti nell’ascolto nella stessa maniera in cui faccio fatica a crederci.
Che poi non è vero un cazzo, sapevo benissimo che mi sarei solo fatto del male mettendolo su.
Forse pensavo ingenuamente di potercela vedere dentro, pensavo che potesse andare un po’ meglio di così.

What a player!

Però ti giuro:
Non importa quanto tempo ci vorrà, o per quanto tempo ancora dovrò sentire queste cose, ma non ho nessuna intenzione di lasciartelo prendere, scordatelo…
È escluso!


Poi lentamente la scena inizia a cambiare, e la mia attenzione viene subito catturata da un volto che conosco fin troppo bene…

Thomas se ne sta seduto sul pavimento accanto alla porta-finestra che da sul balcone.
Ne ha appena accesa una.
Non capisco perché non sia uscito, a nessuno è concesso di fumare dentro casa mia.
Poi seguo il suo sguardo al di là della zanzariera:
C’è una mantide religiosa con tutta l’aria di chi si farebbe molto volentieri una visita guidata nella tana del Milk Delivery Boy.
Male Male Qui.
Una mezza volta che questo fenomeno fa qualcosa di azzeccato!

(Sì, sono abbastanza un nerd da saper riconoscere immediatamente una sfida che non posso superare… nemmeno il mio DM avrebbe mai il coraggio ed il cuore di mandarmi contro una mostruosità del genere, e ti posso giurare che di problemi se ne fa davvero pochi!)

Ci somigliamo ogni giorno sempre di più, ormai se ne accorgerebbe davvero chiunque.
Innegabile.

Ci capiamo al volo, non abbiamo nemmeno più nessun bisogno di comunicare.
Non avrei davvero nessun motivo di rivolgergli la parola, e nessun motivo poi di usare un tono così arrendevole e sottomesso, eppure…

B.: “Avevi ragione tu… Ho perso… Non ha davvero nessun senso. Non l’ha mai avuto.”

Sembra che la frase non lo sfiori minimamente, è come se non mi stesse ascoltando.
Si fa un tiro, continua a guardare qualcosa di imprecisato al di là del balcone.
Poi lentamente si gira verso di me, e mi da una di quelle sue occhiate capaci di trafiggermi come fossero frecce avvelenate scagliate da un arco lungo.
Mi sembra ingrassato, le sue occhiaie sono peggiorate visibilmente, e quella barba tenuta così in disordine e per qualche giorno in più di quanto io concederei, gli dona un aspetto ancora più sbattuto del solito.

T.: “Sai cosa ci starebbe proprio bene? Acqua, Alcol, Zucchero, Infusi di scorze di arance Washington, Infusi di scorze di agrumi calabresi, Infusi di estratti di erbe amaricanti.”

B.: “Madonna Santa! Ne conosci gli ingredienti a memoria?”

T.: “Per forza! La mia fenomenale memoria a lungo termine è una delle mie caratteristiche più apprezzate, non te ne eri mai accorto? Ti direi quasi quanto la fossetta sul lato sinistro del viso, ma non vorrei essere troppo…”

B.: “Bene così, ho capito…”

T.: “Eh, ma che caratterino abbiamo tirato fuori oggi… Brunello?”

B.: “Piantala! Hai sentito quello che ho detto giusto un secondo fa?”

T.: “Certo che sì, forte e chiaro! Ti interessa davvero sapere la mia o facciamo come se?”

B.: “La seconda, per carità… Opzione numero due!”

T.: “…”

So cosa vuole.
Io come lui.

B.: “Senti, ma come siamo messi?”

Quel sorrisetto diabolico.

T.: “Adesso sì che iniziamo a ragionare! Tranquillo, ho tutto quello che ti serve!”

Mi capita spesso di scrivere per poter contemplare ricordi, per poter ri-vivere al bisogno alcuni tra i momenti che ho vissuto o che sto vivendo.
Mi capita spesso di scrivere per provare a strapparti un sorriso, magari mettendo in evidenza i miei lati più curiosi, o semplicemente raccontandoti alcune situazioni al limite dell’imbarazzo.
Mi capita spesso di scrivere per provare a mettere da parte alcuni tra i miei pensieri più scomodi, nella speranza che possano restare intrappolati tra parole e racconti.
Mi capita spesso di scrivere per nessuno di questi motivi in particolare…

‘Mocc.
Your Favorite Milk Delivery Boy.

Quella cosa che senti
Quando sei vuoto
Tutto quello che vorresti
E che non hai
Tutto quello che sei
O che non sei mai stato
Tutto.

Giorno 5

Non c’è davvero nulla da rimproverare ai nostri valorosi campioni.

Con ogni respiro hanno cercato di combattere, di affrontare questi primi giorni, già così difficili, mostrando tanto coraggio, portando i loro cuori al di là dei limiti delle loro stesse capacità…

Ma la sua assenza è diventata, ora dopo ora, sempre più simile ad un dolore lancinante, quasi insopportabile.

Ecco quindi la resa, la sconfitta inevitabile, ed infine anche il loro respiro se ne è poi andato via con lui… (esatto, proprio come accade tra le parole di quella canzone del 🐐)

Sir Giovanni ora vaga per il suo reparto come fosse un’anima in pena.
La stanza dei polli ha decisamente l’aspetto di una chiavica, e colui che un tempo aveva tutte le sembianze di un misterioso cavaliere incapace di provare paura, l’audace difensore delle mura di Sæglópur, in questo periodo ricorda parecchio di più invece la Madame Bovary di Gustave Flaubert… sedotta e poi abbandonata, con il suo povero cuore mandato in frantumi.

Se possibile, il Milk Delivery Boy è messo anche peggio:
La corsia due è ridotta ad un cesso, glissiamo sulla testata delle uova, ed in tutto questo lui cosa fa? Se la rutta e se la bestemmia neanche fosse un chierichetto impazzito durante il giorno delle cresime al Corpus Domini.
La Simo giura di averlo visto addirittura piangere, inconsolabile, mentre stava sbustando un collo di Teneroni come fosse stato il tesoro più prezioso del mondo.

Buoni in culo, o almeno così dicono…

G.: “Ciao Brunello, come stai?”

B.: “E come dovrei stare, Gio? Mi sento come quando ne farei su volentieri una, ma mi ritrovo con la zuccheriera completamente vuota.”

G.: “Posso capire, niente ha più un senso qui. L’altro giorno, mentre stavo servendo al banco, mi si presenta un tipo tutto pale e prote con su una t-shirt di One Piece, Sanji in bella vista tra l’altro… quando ho capito che non era lui, ti giuro che stavo per lanciargli dietro una bresaola. Che infame!”

B.: “Non parlarmi di anime, te lo prego… fa troppo male! Stavo dando un’occhiata a cosa ci sarà al Lucca Comics di quest’anno e, come un fulmine in un cielo senza nuvole, mi è tornato in mente un episodio… la prima volta che gli ho visto passare l’indice lungo i confini della sua Jawline. Per poco non mi prende un infarto. Da strapparsi i capelli!”

G.: “Ma tu mica ce li hai i capelli…”

B.: “E tu sei un po’ n***o, lo sai, sì? Non è che c’è sempre da sottolineare proprio tutto tutto…”

G.: “Vai in culo! Comunque, hai portato le ciabatte?”

B.: “Certo che sì! Ho preso su anche degli odd-socks colorati… spero vadano bene.”

G.: “Sono perfetti! Allora coraggio, my dawg… andiamo!”

B.: “Daje!”

Tratto da “In Absentia” di Giovanni Marday e Bruno De Micco.
2025 April Seventeen Publications™

Sick Luke Sick Luke!

Cose che non puoi fare a meno di sapere:

1. Scettico verso l’IA, poi WordPress mi genera un immagine in stile “anime” basandosi sulla mia ultima storia pubblicata su aprilseventeen. Sfondo del mio lock screen da poco più di 24 ore, mi perdo spesso ad osservarla e… male male qui.

2. Mi sono innamorato. É un bassista, e suona con Alfa.

3. Domani si festeggia La Madonna del Carmine, conosciuta anche come Nostra Signora del Monte Carmelo. Sono emozionato.

4. Mi sono quasi trovato sul parabrezza della Maila un pischelletto che era la copia sputata di Sick Luke. Bicicletta bianca, t-shirt Patagonia blu, madre puttanissima. Oggi ha imparato a bestemmiare…

心臓を捧げよ! (Shinzō wo sasageyo!)

A.: “Oh, ma lo senti anche tu questo odore di bruciato?”

B.: “Decisamente! Saranno andate a fuoco le focacce, o forse è colpa del n***o che si è perso via con i polli.

Comunque… fotte? Magari è la volta buona che…”

A.: “Non dirlo neanche per scherzo. Lo sai che se viene un incendio il preposto sono io? Me la devo smazzare io poi.”

B.: “Cos’è che sei tu?”

A.: “Il preposto.”

B.: “Ma vai a fare in culo, preposto!

A.: “Succhiamelo!”

[…]

B.: “Lo sai che a furia di continuare a sperare che questo posto prima o poi venga avvolto dalle fiamme me lo sono pure sognato?”

A.: “…”

B.: “Sono fuori dal negozio e, mentre tutto sta bruciando, mi sto guardando attorno.

Manca qualcuno, qualcuno non è riuscito ad uscire dall’edificio.
Non appena me ne accorgo torno subito dentro a quell’inferno mettendomi a correre, ignorando le urla di chi sta cercando di fermarmi senza nessuna speranza di riuscirci.
Ricerca e recupero andati a buon fine, tra l’altro.
Io poi, pensa te!”

A.: “Eccolo!! Ti scopa bene? È bravo?”

B.: “Hahahahaha! Dio santo, che coglione che sei!”

A.: “Te la sei cercata!”

B.: “Dai piantala, non iniziare!

Avrei dovuto immaginare dove saresti andato a parare…
Era solo per raccontarti una cazzata, nella vita reale sai bene che non lo farei mai.”

A.: “Lo faresti… lo faresti!”

B.: “Ma va! E secondo te io, scoppiasse un incendio, tornerei tra le fiamme a rischiare la mia vita per salvare quella di qualcun altro?

Io? Di quale realtà stiamo parlando?”

A.: “Sì, tu! Tu lo faresti, lo so che lo faresti…

B.: “Ok, dai… ho capito che oggi con te è tempo perso. Vado, devo mettere giù un po’ di promo.

A.: “E sti cazzi?”


[da “Dialoghi con John Lennon”, Racconti Inediti, 2025 April Seventeen Publications]
(Per la parafrasi, segui il link qui sotto e guardati questo reel 😉)
rossifuoco🔥 on Instagram: “Non si fa.”

Hello there!
In tutta onestà pensavo di lasciar passare molto più tempo dall’ultimo post prima di scrivere qualcosa di nuovo, ma alla fine ho comunque deciso di ritagliarmi qualche minuto per farlo (un po’ perché ne sentivo il bisogno ed un po’ perché ne sentivo la mancanza).

“Come va?”
“Più o meno come previsto.”

La decisione di immergermi nella produzione di qualche pezzo con Mester è stata una idea tutto sommato vincente, o comunque una soluzione valida per attraversare questo periodo senza farsi troppo male, in attesa di altro (ancora da definirsi, ancora da trovarsi), in attesa di un nuovo capitolo le cui prime parole saranno scritte una volta raggiunta la riva opposta.
Immaginati queste canzoni come fossero il traghettatore, i lunghi giorni di questa stagione estiva come fossero le acque infuocate dello Stige, io e Thomas come fossimo due anime dannate a bordo di questo vascello senza tempo, e tutto ciò che sarà una volta terminato questo viaggio come fosse il regno dell’ignoto.
Sempre sia lodata la mitologia greco-romana ed un infinito grazie a Dante Alighieri, padre della mia lingua e fonte inesauribile di ispirazione… la mia penna preferita di sempre e per sempre.

📼 / 👩‍❤️‍👩 / 🐐 / 🦀 / 🧏

Se un pochino mi conosci, allora saprai già molto bene che ho da sempre avuto un forte debole per i working titles, quei titoli provvisori da assegnare alle cose che faccio in fase di lavori in corso, da sostituirsi poi con quelli definitivi solo alla conclusione dei progetti, o comunque giusto un attimo prima che possano essere condivisi.
A questo giro ne vado particolarmente fiero.
Cinque emoticon e nient’altro, ciascuna messa lì con lo scopo di riassumere il concetto del brano a cui è stata abbinata, o forse ciascuna messa lì con lo scopo di rappresentare il suo significato per il sottoscritto.
Te le spiegherei anche, ma un po’ non penso tu abbia i giusti mezzi per capire, un po’ non penso sia conveniente per me farlo in questo momento, ed infine un po’ non penso sia la cosa giusta da fare in generale.
Molto meglio lasciare ai pochissimi eletti che riescano a capire tutto questo la possibilità di ridersela un po’ con me di me, e va benissimo così.
Due tra questi cinque pezzi avranno la loro release ufficiale.
Altri due avranno il ruolo di brevi outtakes, due piccole perle punk-rock (semi-serie quanto basta) utili a raccontare il tempo trascorso insieme con Mester dal nostro ultimo lavoro uscito nel Settembre 2023 fino al presente, ed avranno una loro vita propria esclusivamente sui social network.
Uno tra questi invece è nato con uno scopo completamente diverso, e non vedrà mai la luce.
Saranno davvero in pochissimi ad avere l’onore di poterlo ascoltare, ancora meno delle persone in grado di matchare il brano con la sua emoticon (e di capirne il significato).
Ha un posto speciale nel mio marcissimo e cattivissimo cuore nero da demone, e parte di me sta letteralmente morendo dalla voglia di ascoltarlo una volta completato, fosse anche solo per rendere giustizia al tempo trascorso ad immaginarmelo mentre era soltanto poco più che una idea.

In tutta onestà credevo che Mester l’avrebbe presa molto peggio questa storia delle emoticon, e a buon diritto direi.
Invece, a detta sua, è rimasto decisamente più colpito dalla questione della Sprite Sporcata (ma questa è tutta un’altra storia, e verrà forse più avanti il suo momento 😉).
Fare musica con lui è incredibile (questo già lo sai) e se di poche cose sono sicuro in questa cazzo di vita, posso tranquillamente scrivere senza nessun’ombra di dubbio la frase che segue nella riga successiva:
Se in futuro starò ancora imbracciando uno strumento musicale, allora sarà solo ed esclusivamente perché lui si troverà ancora al mio fianco.
Punto.

Ed è così che ho immolato una settimana di ferie dedicandola a questo scopo, dando ufficialmente il via alle danze.
Apertura ed organizzazione del progetto (in maniera quasi maniacale, degna della peggio O.C.D.: tutto ordinato e rigorosamente colour-coded, la tempo track, poi i marker dei brani e quelli degli arrangiamenti… l’unico modo che conosco per affrontare cose di questo tipo senza perdermi e senza diventare matto), poi un paio di tracce guida giusto da avere una bussola per potermi meglio orientare, ed infine le prime take.
Si parte dal basso (e se stai leggendo queste righe nel giorno della loro pubblicazione, sappi che ieri abbiamo finalmente cominciato con le chitarre. Top.)

L’outfit è stato dei più minimal tra quelli possibili, intendo letteralmente, e non mento se ti dico che mai mi ero trovato a registrare delle take di basso indossando nient’altro che la mia pelle e giusto un paio di boxer.
Immagina lo spettacolo.
Sono una delle ultime persone che vorresti ammirare senza vestiti addosso, e nell’ultimo periodo la situazione è pure peggiorata.
Sto bevendo decisamente troppo e sto mischiando giusto un po’ di questo ed un po’ di quello nei momenti in cui ho particolarmente bisogno di non esistere affatto (o almeno di non esistere se non per lo stretto indispensabile al mantenermi vivo… ho ancora giusto un paio di cose da fare prima di dare una sbirciata al di là del velo di ciò che è reale), ignorando i foglietti illustrativi che in maniera molto gentile provano a dissuaderti.
Come?
Sconsigliando certe pratiche e raccontandoti tutta una serie di possibili e spiacevoli conseguenze di cui (se sei tra i più fortunati) ne comprenderai a fondo solo meno della loro metà (tra l’altro, e nel caso tra i lettori di queste parole al vento ci fosse un medico per i pensieri che ho, *cit, è troppo chiedere di spiegarmi il significato della parola “stupore” messa all’interno dell’elenco degli effetti collaterali? Giuro che da solo non ci arrivo!).
Sono ingrassato veramente tanto, inevitabile, ed ho messo su proprio una bella bonza.
Mi sento tipo come il vitello grasso, presente?
Quella povera bestia che ha avuto una fine poco invidiabile, mandato al macello da un padre per festeggiare il ritorno di uno dei suoi figli (il più stronzo dei due, quello capace di sperperare la metà di un impero in bolas e disgraziate).
Trauma infantile mai risolto, mannaggia al clero.
Ogni volta che lo sento nominare, non riesco più a fare a meno di guardarmi intorno con l’aria circospetta di chi teme di finire su di un vassoio d’argento, adagiato su un morbido lettino di patate e con chissà quali altri ingredienti ficcati su per il culo.
Male Male Qui.

So bene che questa non possa essere la soluzione, ma sto solamente cercando di temporeggiare un secondo nell’attesa di qualcosa di più risolutivo e definitivo.
Devo tenere Bruno e Thomas il più separati possibile (e per quanto mi sia possibile farlo, al massimo delle mie capacità).
In maniera molto semplice, e forse quasi banale: ogni volta che vedo lo sguardo di uno incrociarsi con lo sguardo dell’altro, prendo Bruno e l’affogo (letteralmente) con l’aiuto di qualsiasi cosa sia in grado di accelerare ed intensificare il processo.
Tutto qui.
Poi metterò ogni cosa al suo posto.
In un modo o nell’altro.

Probabilmente dovrei solo seguire i consigli più di moda in questa stagione, tipo quelli che non avevo mai sentito prima in vita mia e nemmeno per sbaglio, presente? Quindi:
Bere tanta acqua, mangiare tanta frutta, evitare di uscire durante le ore più calde e, nel caso di astinenza da compagnia femminile, amare te stesso non più di una volta al dì (saltando anche qualche giorno di tanto in tanto, così da darti un po’ di tregua).
Uno stile di vita più sano sicuramente aiuterebbe, ma sarebbe poco saggio da parte mia addossare tutte le colpe di questi mali alla dissolutezza di questi giorni.

Ed i sogni?
Che cazzo c’entra il paracetamolo usato malamente con le cose che ti sogni?

Una realtà differente, un mondo completamente diverso da quello in cui viviamo oggi.
L’uomo ha poco alla volta ceduto il suo ruolo di specie dominante a favore di una nuova razza.
Nessuno sembra essere in grado di raccontare come tutto questo sia iniziato, ma alcune pagine raccolte tra i testi più antichi ci parlano di questa nuova forma di vita che sembra essere comparsa letteralmente dal nulla.
La sua natura si è rivelata da subito come estremamente duttile e mutevole: il nuovo nemico ha imparato molto bene e molto velocemente dai suoi predecessori, sfruttandone la tecnologia e portandola a livelli nemmeno immaginabili, plasmando il suo aspetto e rendendolo molto simile al nostro, creando una versione di noi sia estremamente migliorata, amplificandone i pregi, e sia brutalmente peggiorata, amplificandone i difetti.
La convivenza è stata praticamente impossibile quasi da subito.
Le nostre città cadevano, i nostri confini perdevano ogni tipo di significato, religioni e antiche tradizioni andavano via via scomparendo, ed ogni singola battaglia combattuta contro questi esseri ha portato ad una sconfitta.
Basta un rapido sguardo all’aspetto attuale di queste terre un tempo nostre per capire chi è che comanda qui…
La quasi totalità delle opere umane è ormai andata distrutta, e le strutture più importanti sono state demolite e sostituite con delle nuove, caratterizzate da una bellezza e da una grandezza tale che nemmeno i migliori tra i nostri architetti ed artisti, presi tra quelli vissuti all’apice della nostra evoluzione, possono immaginare di sognare.
La nostra razza è allo sbando totale, gli uomini sono divisi, male organizzati.
Nessuna guida.
Solo tante piccole realtà, e quasi del tutto indipendenti l’una dall’altra, cercano ancora di combattere.

Faccio parte di una di queste squadre, e sono il secondo in comando (nemmeno fossi il fiero Capitan Bottego).
Sembra mi sia appena svegliato da un brutto incubo, e nemmeno riesco a capire cosa mi sia successo.

So cosa sta per capitarci, io l’ho già vissuto.

Le mie AF1 hanno già calpestato le grandi pietre grigie di quelle sale, e l’eco dei nostri passi ha già riecheggiato a lungo nella maestosità di quel tempio.
Sono già stato sulla cima di quel pinnacolo, brillante come fosse argento lasciato al sole, ed ho già visto tutti i componenti della mia squadra morire uno dopo l’altro sotto i terribili colpi del nemico, giusto un attimo prima che tutto scomparisse nel buio e nel vuoto più profondo del nulla.

Sto fissando un punto imprecisato appena al di là del nostro accampamento quando uno dei miei combattenti viene a sedersi al mio fianco.

“Hai un secondo? Volevo fare un rapido check delle munizioni, ma non so cosa cazzo c’ha il mio terminale stanotte.”

Do un’occhiata, e dopo pochi secondi gli ripasso il suo terminale.
Mai funzionato meglio di così, errore quasi banale e degno di una recluta.
Gli regalo un sorriso a metà tra un rimprovero ed un gesto di affetto, dopodiché, senza chiedergli il consenso, sfilo una fiaschetta da una delle tasche della sua giacca, e do un sorso del peggior distillato mai bevuto in vita mia… (fa davvero pietà!) restando poi qualche istante ad osservare il suo viso.

“Abbiamo qualche possibilità di farcela?”

Non so cosa rispondere.
Mi guardo attorno e sono proprio tutti lì, tutte le persone per me davvero importanti sono all’interno dei confini di questo accampamento.
Molti di loro non hanno nemmeno idea dell’amore incondizionato che provo per loro.
Molti di loro non hanno nemmeno idea che sarei disposto a fare qualsiasi cosa per loro.
Per alcuni di loro non sono quasi niente, sono solo poco più che un capo, ma sarei disposto a bruciare all’inferno per l’eternità se solo esistesse e se solo bastasse per poterli salvare.

Provo a parlare, ma sento che le parole mi rimarrebbero incastrate in gola fino a farmi soffocare.
Sento gli occhi gonfi, ma non voglio piangere, non posso farmi vedere mentre piango.
Prenderei qualche minuto in più per cercare di darmi un tono, ma all’improvviso noto qualcosa di così divertente nell’espressione di questa recluta che quasi scoppio a ridere.
Appoggio la mia testa contro la sua e con il tono più tranquillo che posso…

“Non ne ho la minima idea, l’unica cosa che so è che ci proverò con tutto me stesso, e che lo faremo tutti insieme…
Al vostro fianco non ho paura di niente e di nessuno, al vostro fianco non etichetterei nulla come impossibile.
Siete tutto per me, e siete più che abbastanza da farmici provare con tutte le forze che ho a disposizione, da farmi combattere fino alla fine.
Dai mollami, basta con questa roba.
Preparati, tra poco si parte.”

Dicono che i sogni particolarmente intensi e realistici, quelli più ricchi di dettagli, così come quelli che ti rimangono più impressi al tuo ritorno alla realtà, non siano altro che il frutto dei tuoi stati d’animo (oppure un riflesso generato da emozioni o situazioni irrisolte).
Lo reputo vero fino ad un certo punto.
Immagino che una vita intera vissuta da nerd senza speranza di redenzione, i troppi libri/ manga/ anime, le troppe partite di Dungeons&Dragons sia giocate che scritte e masterate, ed i troppi film Sci-Fi abbiano avuto un ruolo molto più importante in tutto questo casino.
Anche perché poi nemmeno saprei dirtelo cosa voglia trasmettermi il mio io più profondo mandandomi sogni di questo tipo.
O forse lo saprei anche, ma in questo momento bisogna proprio fare come se…
Non ho né il tempo materiale e né l’ intenzione di occuparmene.

Ci sono dei brani che voglio farvi ascoltare in autunno.

Quindi ecco che questo mio escape from the studio si avvicina alle sue righe conclusive, e non mi resta che dirti grazie per aver passato questi minuti insieme a me.
Spero davvero tanto che siano stati minuti piacevoli, e spero davvero tanto di essere riuscito a trasmetterti qualcosa.
Pronto a prendermi di persona gli schiaffi che so benissimo di meritare (e va bene così).
Immagino che tornerò a giocare a fare il musicista ancora per un po’, c’è ancora parecchio lavoro da fare.
Daje.
Ci si vede in giro.

‘Mocc
Your Favorite Milk Delivery Boy.

A.: “Alla fine poi hai deciso?”

B.: “Ho già sguinzagliato la Pia, devo solo capire quanto la cosa sia fattibile e poi farmi una chiacchierata con le persone giuste”

A.: “Lo sai che per questa cosa faccio il tifo contro di te, vero?”

B.: “Ma come? L’ultima volta che ne abbiamo parlato ti ho chiesto se sentiresti la mia mancanza nel caso riuscissi davvero a farcela… e tu mi hai risposto di no! Ho anche apprezzato molto la tua sincerità, nonostante un po’ mi abbia fatto male.”

A.: “Una delle mie caratteristiche migliori è che non si capisce mai se sono serio o se sto scherzando quando dico qualcosa. Mi piace la tua compagnia, e poi lo sai che ho sempre avuto un debole per i pelati.”

B.: “Sì, lo so bene… a proposito, il tuo fidanzato sta facendo il mattino! Ha detto che ti sta aspettando in frutta per buttartelo un po’ su come piace a te!”

A.: “…”

B.: “Dai, non fare così! Ho solo detto una cazzata per alleggerire il discorso…”

A.: “Non tocchi!”

“Qual’è il tuo problema? La tipa si lamenta perché ce l’hai piccolo? Guarda che ci sono moltissime soluzioni… Al tuo compleanno ti faccio un regalo, così ti diventa bello grosso e vedrai che la mandi a casa contenta.”
[George Harrison]


Pensieri Scomodi.

Io volevo solo farti sapere
che puoi chiamarmi se ti fa stare bene
un poco d’acqua ti toglie la sete
anche se è piena di ruggine.

Io volevo solo farti sapere
che ragionare non ci serve a niente
un po’ d’acqua ti toglie la sete
anche se è piena di ruggine.

Lo sai che ti volevo dire
pensieri scomodi.

Lo sai che ti volevo dire
pensieri illogici.

Va a finire sempre così.
Te ne stai nel tuo, cercando di restare in equilibrio come meglio puoi, finché…
Premi play per la prima volta su di un pezzo appena uscito.
Irbis non sai nemmeno chi cazzo sia, ma il feat appartiene al 🐐, quindi naturale ascoltarlo non appena possibile farlo.
E fin qui.
Nemmeno uno dei pezzi più belli tra quelli che hai ascoltato di recente, ma per poter scrivere una frase di questo tipo devi proprio aggrapparti con tutta la forza che ti resta a disposizione al tuo lato più critico ed oggettivo, perché a renderlo il pezzo più bello tra quelli che hai ascoltato di recente è tutta la situazione che ti si viene a creare esattamente in questo posto ed in questo momento.
Quel tipo di suoni, quella produzione, quelle linee melodiche e quelle parole, un secondo dopo l’altro le vedi assumere forme e colori quasi familiari, andando a disegnare esattamente quello che stavi cercando, ciò di cui avevi davvero bisogno.
Pazzesco quando succede.
Inutile provare a difendersi, e difendersi da che cosa poi?
Vai avanti nell’ascolto e ti accorgi che ci stai già nuotando dentro, che la tua pelle sembra reagire a qualcosa che sta scorrendo sotto la sua superficie, poi la sensazione di una carezza sul collo, di essere stretto in un abbraccio con qualcuno che ami e che ti ricambia incondizionatamente.
È così bello da fare quasi male.
Sei ancora vivo, e sei ancora umano.
Continua pure a negarlo se pensare l’esatto opposto ti serve a qualcosa.

E niente: Pensieri Scomodi è entrata di prepotenza in alta rotazione.
Giuro che gli do almeno un giro al giorno, e non credo che smetterò di farlo, almeno non nel prossimo futuro.
Se ne sta comunque in buona compagnia, nel rispetto delle mie abitudini così lunatiche e bipolari che tutto il giorno e tutti i giorni (cit.) mi portano a scegliere cosa mettere sul giradischi o cosa chiedere a Siri di riprodurre da Apple Music.
Le pagine di Kagurabachi mi hanno fatto tornare la voglia di ri-ascoltare qualcosa dal catalogo degli Slayer (fondamentalmente sto facendo cherry picking tra gli album Seasons In The Abyss e Reign In Blood… che poi come diavolo abbia fatto a collegare gli Slayer con quel manga ancora non l’ho capito, ma fa niente), i Knuckle Puck hanno dato una ri-spolverata ad uno dei miei dischi preferiti di sempre in occasione del suo decimo anniversario (e per la cronaca: adesso suona davvero di brutto!), ho consumato Vite Sgrammate di Promessa fino alla morte, e mi sto cullando con Decrescendo di Rkomi.
Da quest’ultimo disco ascolto spesso e soprattutto brutti ricordi. con Bresh e orfani. con Izi.
Prevedibile?
Chiaramente!
Se è cosa nota a chiunque il mio essere una fangirl di Bresh (ok, magari non ai livelli di Alice, che già sta già facendo scorta di Prep in vista dell’uscita di Mediterraneo prevista per il 6 Giugno… Alice, scusami!) per Izi bisogna fare un discorso a parte.
Non è mai stata una questione fisica (Angelo, scusami… era evitabilissima, lo so! Non ho saputo resistere 😂), Izi è una delle cose più belle che ho scoperto in tempi recenti, e nella stessa maniera in cui mi sento in colpa per aver ignorato completamente la sua esistenza fino al 30 Ottobre 2024, sarò eternamente grato a chi l’ha portato nella mia libreria musicale.
Per sempre.
Magnetico, aggettivo che uso in pochissime situazioni, o comunque la prima parola che mi viene in mente se sto per parlare di lui.
Metti su qualcosa di suo, e ti giuro che basta davvero un attimo… Ci finisci sotto malissimo.

“Ok Brunino, va bene tutto, ma gli Slayer? Dopo tutto questo tempo?”
“Always!”

Ogni cosa deve essere sempre in equilibrio.
E mi hanno trascinato in chiesa.
Di nuovo.
Cosa potevi mai aspettarti da me se non gli Slayer?

Hai capito proprio bene, Tippe e Sam hanno deciso di farmi varcare nuovamente l’immenso portone del Corpus Domini scegliendomi come padrino della mia Potato.
Sei chili (and still counting) di amore incondizionato, profondi occhioni blu, sorrisi che come lame affilate ti trafiggono l’anima, e dei bei ruttazzi degni di suo zio.
No, non è crollato il soffitto.
No, non sono stato colpito da un fulmine.
Ciò non di meno, una certa “insofferenza” per la mia presenza in quel luogo sacro è stata comunque manifestata da qualcuno tra i protagonisti di questa antichissima religione.
Sant’Agostino scriveva della predestinazione, questa dottrina secondo la quale il principale avrebbe già compiuto la sua scelta pro-salvezza o pro-dannazione eterna per tutti i suoi figli.
Hai ancora dubbi sul destino della mia povera anima?
Mi ci sono voluti ventisette tentativi (con i relativi ventisei fallimenti clamorosi) per accendere quel benedetto cero, e la cosa è diventata quasi un meme per le persone tra i presenti che mi conoscevano abbastanza bene da capire cosa mi stava succedendo su quell’altare.
Uno sguardo rivolto verso il cielo (proprio come sono solito fare giusto un istante prima di chiamare in causa Lui oppure un membro a caso della sua famiglia) e la richiesta, appena udibile, pronunciata a denti stretti:
“Mi fai accendere sta cazzo di candela, per favore? Ti stai divertendo? Non mi hai ancora umiliato abbastanza?”
Lo so, passerà molto, moltissimo tempo, prima che questo episodio venga archiviato.

Mai capito il cattolicesimo comunque, troppo lontano da me, o forse è solo che la fede non mi è mai stata donata.
In parte provo un po’ di invidia.
Sono esistite delle persone capaci di sacrificare tutto in nome di qualcosa di più grande di loro, che siano valori, ideali, o il “semplice” concetto di libertà.
Non ho eroi, ma nemmeno posso avvicinarmi a queste persone mantenendo la testa alta.
Non c’è davvero niente al mondo, niente, che io possa reputare abbastanza importante da farmi combattere.
Non credo in niente, non rischierei mai niente per qualcosa che non faccia parte della mia limitatissima sfera d’interesse.
Farei qualsiasi cosa, e sarei pronto anche a morire qui e adesso, ma solo per poche, pochissime persone al mondo.
Con moltissime probabilità non sei tra queste persone.
Con decisamente molte meno probabilità sei tra queste persone, sai di esserlo, e ti starai facendo una grassa risata per tutte queste cazzate.
In rarissimi casi sei tra queste persone, forse non ne hai la minima idea, non avresti mai dovuto esserci, non ha nessun senso che tu ci sia, e dammi un po’ di tempo che sistemerò anche questo assieme a tutte le altre questioni da risolvere che ho in agenda.
Egoista e Nichilista.
Punto solo a stare bene, a tornare ad essere felice.
Tengo stretto tutto ciò che rema nella stessa direzione, mentre sto lasciando fuori tutto ciò che (direttamente o indirettamente) prova a portarmi fuori rotta.

Cazzo che eroe!
Garantisco, non avevo di certo bisogno che quel cero facesse così tanta fatica a prendere fuoco per capire dove mi avrebbe posizionato Sant’Agostino… è già molto che non abbia preso fuoco io! (Come in maniera elegante e proprio carina mi hanno fatto notare quelli della bisca. Combattiamo fianco a fianco tutte le domeniche, una vita di Dungeons & Dragons passata insieme, e questo è ciò che giustamente pensano di me 😉).

Al netto di questo spiacevole inconveniente, è stato davvero molto bello essere parte di un momento così importante.
Succedeva qualcosa che attirava la mia attenzione, e subito mi sentivo gli occhi puntati di chi stava al mio fianco, a volte accompagnati da una risata appena abbozzata, a volte accompagnati da sguardi minacciosi che sapevano tanto di “Brunino, fai il bravo!”
Una complicità davvero molto intensa, che spero duri per sempre.
Tippe e Sam sono al centro del mio mondo, non mi sento vincolato, non sento nessun obbligo, ce li ho messi io, ho scelto io, li sceglierei sempre e comunque.
E l’essere stato scelto come padrino della mia potato è stato un qualcosa che nemmeno posso provare a descriverti…

“Mi interessa relativamente l’aspetto religioso, e sinceramente per me non è così importante se credi davvero o no, penso più al significato della parola padrino in se… Mia figlia è la cosa più importante che ho, e se mi dovesse mai capitare qualcosa vorrei che avesse te, la affiderei a te. So che anche per Tippe è la stessa cosa, nonostante adesso ti stia dicendo che d’ora in avanti la dovrai accompagnare a messa tutte le domeniche!
😂

So di non essere all’altezza e so di non meritarmi tutto questo.
Ma non sai quanto mi ci sono aggrappato forte ultimamente.

Ho provato a tenerlo nascosto come potevo, e so di non esserci riuscito un granché.
Cercavo comunque di sembrarti tranquillo, di essere presente nei momenti che vivevo, ma ti giuro che è stato uno sforzo allucinante.
Troppe difficoltà capitate tutte insieme sono state un brutto colpo per me, e mi hanno portato a qualche problema di salute mentale proprio come mi era successo circa una decina di anni fa.
In questi giorni va un pochino meglio, o almeno ci sto provando.
Ho una strada, ho deciso i prossimi passi, e spero che tutto vada bene, di uscirne anche a questo giro.
Mi manca il Brunino di prima, quindi prometto che ci lavorerò su.

Ad ogni modo qualche Grazie e Graziella è cosa buona e giusta, e sento di volerlo e doverlo fare.
Quindi grazie per essere stata ad ascoltare una valanga di cazzate nonostante i tuoi ben altri pensieri per la testa, inclusa quella simpatica frattura che ci sta facendo sbantecare e non poco.
Grazie per il vostro quasi quotidiano cercare di portare la mia testa altrove, soprattutto nei momenti in cui mi vedete più “perso”.
Non deve essere piacevole vedermi girare per casa vostra per tutto questo tempo, soprattutto dopo i ventisette anni vissuti sotto lo stesso tetto.
Grazie per i tuoi coretti, sempre molto apprezzati, soprattutto per gli ultimi su Sussudio (anche se più che Phil Collins mi hai ricordato parecchio Antonellone Venditti in tutta la sua “pacata sguaiatezza” se puoi concedermi una licenza poetica!)
Ridere come due cretini senza essere capaci di andare avanti a suonare per un quarto d’ora abbondante.
Pazzesco!
Grazie per quel “vestiti che sto per passarti a prendere” seguito qualche ora dopo da un “e quindi? Sono riuscito a farmi perdonare?”
Non sai quanto sia bello per me averti al mio fianco.
Grazie per prendermi per il culo ad ogni occasione sui “valori nutrizionali” delle cose che mangio, o forse dovrei dirti grazie per aver trovato un modo alternativo per cercare di non farmi partire per la Norvegia 😜 (e tutto questo nonostante il quantitativo imbarazzante di bullismo che sei “costretta” a subire!)
Grazie perché ultimamente “un po’ lo sai che esisto” (e qui dovrei chiedere scusa ad entrambi… sia ad Angelo che ad Alice! Ma cercate di mettervi per un secondo nei miei panni: il discorso stava diventando troppo troppo troppo serio, ed una volta che una cazzata del genere l’hai immaginata, vuoi davvero non scriverla? Potevo fare anche peggio, potevo citare il “nostro” filo rosso scrivendo una cosa del tipo “cerco di stare un po’ meglio ma mi tieni sveglio molto più di Tony Boy” quindi dai… lasciatemi passare anche questa se potete.)

Un “grazie per la pazienza” a te che sei “costretto” ad avermi intorno, e soprattutto uno a te che decidi di farlo per tua libera scelta.
Io non lo farei.

Chiudo prendendo qualche riga per salutarvi tutti.
Non penso seguiranno nuovi interventi su questa pagina, intendo non nel prossimo futuro.
Credevo che vi avrei dato tutte le motivazioni, ma arrivato a questo punto non sento più di volerlo fare.
Se potete accontentarvi “delle motivazioni secondarie”, allora posso dirvi che utilizzerò il tempo che solitamente ritaglio per “sfogo creativo” in modi diversi.
Io e Mester stiamo per entrare in fase di pre-produzione.
Abbiamo intenzione di lavorare ad un paio di pezzi che speriamo di potervi fare ascoltare presto, magari quest’autunno.
Giuro, non sto più nella pelle!
Non vedo l’ora di potermici dedicare completamente.
Ancora una volta grazie per aver letto queste righe e grazie per esserti immerso nel mio mondo per qualche minuto.
Mai dato per scontato, lo giuro.
Immagino ci si vedrà in giro.

‘Mocc.
Your Favorite Milk Delivery Boy.

Io volevo solo farti sapere
che sarò diverso entro settembre
che non porterò con me più le tenebre…