Mondegreen

Mi capita spesso di scrivere per poter contemplare ricordi, per poter ri-vivere al bisogno alcuni tra i momenti che ho vissuto o che sto vivendo.
Mi capita spesso di scrivere per provare a strapparti un sorriso, magari mettendo in evidenza i miei lati più curiosi, o semplicemente raccontandoti alcune situazioni al limite dell’imbarazzo.
Mi capita spesso di scrivere per provare a mettere da parte alcuni tra i miei pensieri più scomodi, nella speranza che possano restare intrappolati tra parole e racconti.
Mi capita spesso di scrivere per nessuno di questi motivi in particolare…

Ti sarà già successo almeno una volta o due, magari ascoltando una canzone con il testo scritto in una lingua diversa dalla tua.
Comprendi in maniera sbagliata una frase e poi finisci per portarla da tutt’altra parte, dando a quel pezzo un significato completamente nuovo, spesso ridicolo, o comunque del tutto diverso dal significato originale infuso dall’artista.

(Ok, ma ancora non ci siamo, messo giù così sembra quasi un discorso serio…
E questo proprio non vuole esserlo.)


Per capirci meglio:
Non sto parlando di casi come “Every Breath You Take” dei Police, oppure tipo “You’re Beautiful” di James Blunt.

(Ti direi anche che ovviamente sono stati scelti a caso tra gli esempi più efficaci…
Fosse anche solo per sentirti dire “m” come molto, “d” come deve essere vero, e “g” come glisssss!)


Non so quanti ascoltatori hanno preferito concentrarsi sul lato più romantico e mieloso di quelle note e di quegli accordi, ignorando i colori decisamente più amari e realistici delle parole raccolte in quei testi.
Allucinante.

Dai, la prima è una delle canzoni più sinistre ed oscure che conosco:
Parla di ossessione senza una fine, di volontà di controllo, e della gelosia ingiustificata e provata da uno stalker verso una persona che non lo ricambia.
Non riesce a lasciarla indietro, ne osserva “ogni mossa” ed “ogni respiro” da lontano, del tutto incapace di andare avanti.

La seconda, se possibile, è forse pure peggio:
Parla di un tipo strafatto (sotto l’effetto di non si sa cosa) che incontra casualmente in un posto parecchio affollato una persona di cui è profondamente innamorato, vedendola in compagnia di qualcun altro, felice.
Ogni frase, ogni parola è carica di nostalgia, di tristezza, di senso di vuoto e di impotenza…
Possibilità mai realizzate.
Desideri mai avverati.
(go figure!)

Mondegreen è un’altra cosa.
Sbagli ad interpretare una parola oppure una frase ed inconsciamente la sostituisci con un’altra dal suono vagamente simile.
La tua testa si trova davanti ad un qualcosa che non riesce a decodificare del tutto, magari per la presenza di alcuni disturbi o semplicemente per la particolare pronuncia del cantante.
Ecco che poi, quasi per magia, cerca di ricondurla ad un altro qualcosa che già conosce, dalle sembianze decisamente più familiari.

È proprio con questo processo che nascono i migliori tra i testi storpiati:
Canterai per sempre “le galline con le spine” al posto di “like a wheel, gonna spin it”, con buona pace di Bon Scott e dei suoi AcϟDc.
E non me ne voglia Robert Plant, o nessuno tra i membri dei gloriosi Led Zeppelin, ma “hanno le sedie verdi scure” gasa sicuramente molto di più rispetto ad un banale e semplice “I’m gonna send you back to schoolin'”, e negarlo non ha davvero nessun senso.

Avrei potuto anche accontentarmi, una definizione così cretina di un termine la potevo tranquillamente considerare all’altezza del mio modo d’essere, senza star lì a sbantecare più di tanto.
Ma sentivo di volere di più, sentivo che non mi bastava.

È di musica che stiamo parlando, e sai benissimo che quando lo stai facendo con me vincoli o schemi smettono di esistere al primo respiro.

Questa parola poi è troppo bella, suona troppo bene.
Non so, ha un certo je ne sais quoi di magnetico (per dirlo con parole affini allo stile senza tempo del bardo Olivier)
Mi è rimasta impressa da subito.
La mastichi per la prima volta e la sensazione che ti da è paragonabile al primo incontro con qualcuno che ti ha rapito dal primo secondo.
Ricordi il posto, il momento, addirittura le prime parole scambiate senza nessuno intorno.
Non può bastare così.

Non può bastare così.

Ne farò uso improprio.
Perché alla fine poi “fotte”.
Sono fatto così.

Per me Mondegreen è un’altra cosa:

Parole e suoni iniziano a scorrere liberi dentro di te, serve loro solo un istante per aver accesso a tutto ciò che sei.
Non ci sono più filtri, i muri crollano tutti uno dopo l’altro, ed i tuoi punti di luce vengono compressi assieme ai tuoi lati d’ombra in un nuovo ed unico essere.
Lasci che ti portino dove meglio credono, che ti mostrino tutto ciò che vogliono, che ti facciano sentire più vivo che mai, o che ti lascino letteralmente ad un passo dal morire.

È la mia personale interpretazione che do alle cose che ascolto, usando esclusivamente la mia storia come solo ed unico parametro.

Mondegreen è quel ricordo a cui mi aggrappo con tutte le forze che ho, tenendomi il più stretto che posso.
È quel momento vissuto così intensamente da sentirne ancora la fragranza.
È un brivido, è gioia senza una fine.
È una lama che ti passa da parte a parte con una facilità disarmante.
È un dolore così lancinante da essere insopportabile.
È quel desiderio che non avresti mai voluto esprimere, per non sentirti così tanto un cretino.
È la fine di un qualcosa che non ha mai avuto davvero un inizio.

Il vinile che ho in questo momento sul giradischi ne è pieno, in ogni suo singolo solco.

Ovunque.

È per distacco il mio disco preferito tra quelli usciti in quell’anno, il mio disco preferito di un artista che amo con tutto me stesso, ed uno dei miei dischi preferiti in generale ed in assoluto di sempre e per sempre.

Ti direi anche di che disco sto parlando, ma (guess what?) non avrebbe senso.
Ti condizionerei, e preferisco dare più importanza alla sensazione in se piuttosto che alla situazione esatta.
Preferisco lasciarti la possibilità di poterti immedesimare.
(E poi sì… Mester mi riempirebbe di parole)

Mi sembra davvero che tu sia proprio qui da parte a me, e che fisicamente stia cercando di portarmelo via.
Faccio fatica ad andare avanti nell’ascolto nella stessa maniera in cui faccio fatica a crederci.
Che poi non è vero un cazzo, sapevo benissimo che mi sarei solo fatto del male mettendolo su.
Forse pensavo ingenuamente di potercela vedere dentro, pensavo che potesse andare un po’ meglio di così.

What a player!

Però ti giuro:
Non importa quanto tempo ci vorrà, o per quanto tempo ancora dovrò sentire queste cose, ma non ho nessuna intenzione di lasciartelo prendere, scordatelo…
È escluso!


Poi lentamente la scena inizia a cambiare, e la mia attenzione viene subito catturata da un volto che conosco fin troppo bene…

Thomas se ne sta seduto sul pavimento accanto alla porta-finestra che da sul balcone.
Ne ha appena accesa una.
Non capisco perché non sia uscito, a nessuno è concesso di fumare dentro casa mia.
Poi seguo il suo sguardo al di là della zanzariera:
C’è una mantide religiosa con tutta l’aria di chi si farebbe molto volentieri una visita guidata nella tana del Milk Delivery Boy.
Male Male Qui.
Una mezza volta che questo fenomeno fa qualcosa di azzeccato!

(Sì, sono abbastanza un nerd da saper riconoscere immediatamente una sfida che non posso superare… nemmeno il mio DM avrebbe mai il coraggio ed il cuore di mandarmi contro una mostruosità del genere, e ti posso giurare che di problemi se ne fa davvero pochi!)

Ci somigliamo ogni giorno sempre di più, ormai se ne accorgerebbe davvero chiunque.
Innegabile.

Ci capiamo al volo, non abbiamo nemmeno più nessun bisogno di comunicare.
Non avrei davvero nessun motivo di rivolgergli la parola, e nessun motivo poi di usare un tono così arrendevole e sottomesso, eppure…

B.: “Avevi ragione tu… Ho perso… Non ha davvero nessun senso. Non l’ha mai avuto.”

Sembra che la frase non lo sfiori minimamente, è come se non mi stesse ascoltando.
Si fa un tiro, continua a guardare qualcosa di imprecisato al di là del balcone.
Poi lentamente si gira verso di me, e mi da una di quelle sue occhiate capaci di trafiggermi come fossero frecce avvelenate scagliate da un arco lungo.
Mi sembra ingrassato, le sue occhiaie sono peggiorate visibilmente, e quella barba tenuta così in disordine e per qualche giorno in più di quanto io concederei, gli dona un aspetto ancora più sbattuto del solito.

T.: “Sai cosa ci starebbe proprio bene? Acqua, Alcol, Zucchero, Infusi di scorze di arance Washington, Infusi di scorze di agrumi calabresi, Infusi di estratti di erbe amaricanti.”

B.: “Madonna Santa! Ne conosci gli ingredienti a memoria?”

T.: “Per forza! La mia fenomenale memoria a lungo termine è una delle mie caratteristiche più apprezzate, non te ne eri mai accorto? Ti direi quasi quanto la fossetta sul lato sinistro del viso, ma non vorrei essere troppo…”

B.: “Bene così, ho capito…”

T.: “Eh, ma che caratterino abbiamo tirato fuori oggi… Brunello?”

B.: “Piantala! Hai sentito quello che ho detto giusto un secondo fa?”

T.: “Certo che sì, forte e chiaro! Ti interessa davvero sapere la mia o facciamo come se?”

B.: “La seconda, per carità… Opzione numero due!”

T.: “…”

So cosa vuole.
Io come lui.

B.: “Senti, ma come siamo messi?”

Quel sorrisetto diabolico.

T.: “Adesso sì che iniziamo a ragionare! Tranquillo, ho tutto quello che ti serve!”

Mi capita spesso di scrivere per poter contemplare ricordi, per poter ri-vivere al bisogno alcuni tra i momenti che ho vissuto o che sto vivendo.
Mi capita spesso di scrivere per provare a strapparti un sorriso, magari mettendo in evidenza i miei lati più curiosi, o semplicemente raccontandoti alcune situazioni al limite dell’imbarazzo.
Mi capita spesso di scrivere per provare a mettere da parte alcuni tra i miei pensieri più scomodi, nella speranza che possano restare intrappolati tra parole e racconti.
Mi capita spesso di scrivere per nessuno di questi motivi in particolare…

‘Mocc.
Your Favorite Milk Delivery Boy.

Quella cosa che senti
Quando sei vuoto
Tutto quello che vorresti
E che non hai
Tutto quello che sei
O che non sei mai stato
Tutto.

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