“Ma a te piace proprio così tanto bagnarti?”

“Basso profilo, quasi trasparente, e cerca di levarti dal cazzo questa giornata nella maniera più rapida ed indolore possibile”.

Erano questi i presupposti, i pochi e semplici consigli non richiesti da me e da dare a me stesso per affrontare una giornata che davvero non vorresti vivere. 
E non si parla di timidezza, o di scarsa (se non assente) autostima. 
Anche se capisco che iniziare un racconto con parole messe giù in questa maniera possa quasi sembrare un omaggio ad “occhi bassi quando cammini, dentro ai piedi che tesoro hai? Occhi bassi, dritto in faccia non mi guardi mai”, ma non è nemmeno questo il caso. 
Tutta quella romanticheria portuale, tutta quella roba così “over-sensitive” (ma lo sto scrivendo davvero??) te la sei lasciata alle spalle tempo fa. E fa niente se poi quando inciampi in “quando vorrai mi trovi sotto casa con le cuffiette incasinate in tasca” ti viene un mezzo infarto. Basta non dirlo a nessuno, basta non scriverlo da nessuna parte, e basta continuare a cercare di mantenere intatta la tua nuova reputazione, con questi tuoi nuovi vestiti “così freddi”, ma che trovi decisamente più confortevoli. Semplice. 
Poco coerente? “Ci sta, ma non di brutto?” (Cit.) 
E pace, quest’anno stiamo contemplando dei fenomeni del cazzo capaci di festeggiare la seconda stella con soli diciannove scudetti vinti sul campo.
Li stai assecondando anche tu?
Molto bene.
Allora adesso mettiti comodo, e cerca di assecondare anche me, se ti riesce.

Il punto della questione è che davvero non avevo nessuna voglia di un corso di formazione, diciassette anni da sotto-sciacquino a mezzo servizio sono più che sufficienti per non avercene neanche per l’anticamera, e fotte se l’aggiornamento sull’ ottantuno è obbligatorio ogni cinque anni.
Poi, dai… Mi hanno anche aperto la macchina, la mia povera Corsa del duemila e quattro mi sta dando non pochi pensieri, proprio come un paio di altre cose nate nei primi anni duemila, ma per stavolta “facciamo come se” e glissiamo sull’argomento, che ne dici? 
Mi toccano i mezzi pubblici.
Dai proviamoci.

Inizia sempre (con un ehi come stai?) con una routine di bellezza da rispettare in ogni singolo passaggio: sveglia, funzione religiosa, acqua, cioccolato fondente, caffè amaro, OneFootball / stalking alle sciacquette, Marlboro “contemplativa”, tazza, mani/denti/viso, doccia, vestiti. 
Basso profilo avevamo detto. Quindi t-shirt nera Vans? Può andare. Quei knee-hole pants grigi sono proprio necessari? Assolutamente: con le Air Force 1 alte sono la fine del mondo. E poi quelle scarpe te le sei fatte fare custom proprio così, con quei colori messi giù quasi come a rendere omaggio ad una decade che di fatto non hai vissuto (sei un ’88), o per sentirti un figo a la Matthew Broderick in WarGames, ok, forse con meno di un quarto del suo fascino (e forse ancora meno) ma quella che conta è l’attitude, o così dicono (ripeto: ma lo sto scrivendo davvero??). Ci sarà freddo? Dai, prendi su la felpa di Star Wars e completa questo outfit al limite dell’imbarazzante. Basta che ti muovi. Il tuo socio, anche lui destinato ad una giornata milanese, è in anticipo, ed è già sotto casa che ti aspetta.
Parecheggio, stazione, lui fa il biglietto, a me basta l’app. Secondo caffè per un pelo, in quanto lui decide di mettersi lo scontrino fatto due secondi prima probabilmente nel culo, e la barista, la stessa tipa che ci ha gentilmente scontrinati, a momenti non ci voleva servire.
Aspettativa: “dai facci sti due caffè, stronza!”
Realtà: “mi scusi, non so come, ma ho proprio perso lo scontrino che mi ha appena fatto. È un problema?”
Saliamo sul treno e ci lasciamo Piacenza alle spalle. Discutiamo un po’ di quello che capita, del nostro essere nerd e senza vergogna, di quel cartone animato che probabilmente abbiamo visto solo io, lui, e Tippe, di come è facile comprarsi un posto in paradiso lavorando in una chiesa, di quanto gli skateboard possano essere pericolosi, delle nostre storie in generale.
Poi Lambrate, e scendo a prendere la verde. Ma prima lo saluto e me lo abbraccio. So che, senza nessun dubbio, avrebbe preferito la compagnia del suo robot per la pulizia pavimenti, ma faccio finta che non sia così, ed in maniera del tutto egoista me ne vado con un sorriso. Almeno l’arrivare fin qui è stato decisamente piacevole, non potevo chiedere di meglio.
So Far So Good.
Arrivo a Cernusco, ridente paesaggio abitato da tre troie e due cavalli. Piove. Seconda funzione religiosa.
Alzo il volume, chiedendomi se l’altissimo sia in grado di investirmi con un uno dei suoi fulmini attraverso le AirPods per non dover soffrire le sei ore di corso che ho davanti. Non mi accontenterà. Non lo fa mai. Non mi ha sistemato lo stomaco, la testa non ne parliamo, e nemmeno mi ha donato quei centimetri che tanto avrei desiderato 😅
Gli sto sulle palle.
Vabbè, è reciproco.
Tiro su il cappuccio e mi incammino.
Una Marlboro fumata accanto al cartello di divieto messo proprio all’ingresso. Un po’ perché mi sono svegliato ancora più punk-rock del solito, ed un po’ perché, dal momento in cui siamo all’aperto, avrei un suggerimento su dove potete mettervi quel cartello. Poi entro, saluto il signor Brandolini, e cerco l’aula. 
Basso profilo.
Fila in fondo a destra, tipo come al liceo, seduto fisso con quelli che “le uniche cose davvero importanti sono la patatina, il punk-rock, e la farmacia sempre aperta”. Questo tizio inizia a parlare, ed io ovviamente non lo sto ascoltando. Scrivo un messaggio, guardo un paio di storie, ho la testa nella musica e nel giuoco del pallone.
Poi mi giro.
Nella fila da parte a me si è seduta “una bella mammina” sui quaranta.
Molto bene.
Quasi per caso incrocio il suo sguardo.
No. Devo distogliere immediatamente, ha gli occhi blu, quel blu, proprio quel blu che a prescindere da chi li porta (scrivevo tempo fa “Irrilevante l’età, il fisico, l’etnia ed il sesso di chi li porta”) mi paralizza e mi costringe a guardarmi le scarpe.
Rassegnati, non avrai mai il coraggio di parlarle.
Le ore passano lente. Vorrei morire. Poi si fa l’ora di mangiare un boccone.
Sono all’ingresso, guardo il cielo: piove neanche fosse un pezzo degli Slayer.
Dai pace, tiro su il cappuccio, faccio per fare i primi passi quando…

“Vuoi venire sotto? Di solito giro sempre senza ombrello anche io. Quando piove sembro sempre una barbona, ma sta volta l’ho preso su. È andata bene”.

Nemmeno te lo dico chi mi stava parlando, nemmeno te lo dico a cosa stavo pensando.
Ovviamente accetto, probabilmente rosso in faccia ed imbarazzatissimo come al mio solito, ed iniziamo a chiacchierare sotto la pioggia.
Utilissimo l’ombrello.
Siamo entrambi annaffiati. Nessuno dei due sembra preoccuparsene.
Prendiamo da mangiare e ci sediamo allo stesso tavolo con altra gente. (IO, ti rendi conto?) Un ora passata così vola, soprattutto in una giornata così lenta. Tempo di posare i vassoi, e di spegnere le sigarette che è già ora di tornare.
“Dai, fammi fare il cavaliere. Tengo io l’ombrello”.
Ok, sei molto imbranato. Ma cosa potrà mai capitare? Semplice.
Fa per schivare una pozzanghera grande come il lago di Garda che, ovviamente, non avevo visto per tempo. Non voglio farla bagnare (forse? Davvero??) e cerco di ripararla spostandomi velocemente.
Risultato?
In pratica le ho dato un cartone sulla testa.
Mi scuso, poi scoppiamo a ridere.
“Bene, prima mi fai bagnare, e poi mi prendi anche a pugni. La prossima volta giuro che dovessi conoscere qualcuno di Piacenza, scappo a gambe levate.
Altra dose di imbarazzo, ma ormai praticamente siamo in aula, e questa, assieme ad ogni altra piccola dose di hype presente ancora nelle vene, svanisce nell’esatto istante in cui ricomincia il corso.
Ma ehi! Non prima di aver esplorato il piano meno uno. Mi serviva un bagno, e quindi mi trovo davanti al secondo cartello senza senso della giornata, in cui praticamente si invitavano i dipendenti dell’azienda in cui lavoro a non usarlo, in quanto l’accesso era riservato ai dipendenti dell’atra azienda presente nell’edificio.
E Fotte?
Ovviamente entro lo stesso, pensando “che cosa c’avrà mai di speciale sto cesso?? É forse in stile Disney primi anni novanta?”
Grave errore. La mia testa malata mi ha subito fatto immaginare di venire accolto da Lumière e Tockins da Beauty And The Beast. Del tipo: “Cosa succede, cherie. Devi forse cacare? Be our guest! Be our guest! Put our service to the test”.
Rido come uno stronzo da solo, e torno di sopra.
Non sai come, ma sei arrivato alla fine. Scrivo al mio socio, dovremmo arrivare a Lambrate a distanza di pochi minuti uno dall’altro.
Ma Ti fermi per salutarla? Che senso avrebbe? Dai, lasciala in pace.
Tiro su il cappuccio e me ne vado verso la metro. Sono quasi arrivato, quando…

“Ehi, Piacenza! Ma a te piace proprio così tanto bagnarti?”

Me la rido, non avrei mai potuto risponderle come avrei voluto, ma me ne esco con un decisamente più pettinato “Non è che proprio mi dispiace, ma più che altro credevo che per oggi ne avessi avuto anche abbastanza di me”.

Finiamo il nostro incontro con un lungo viaggio insieme sulla metro, ed inspiegabilmente nessun imbarazzo, le parole mi vengono facili. Inizialmente sfottendoci per il profumo di cane bagnato che avevano le nostre felpe inzuppate, per poi passare a prendere per il culo gli altri poveri malcapitati che hanno fatto il corso con noi.
“Ma l’hai notata la tipa tutta apparecchiata con quel vestitino color pesca? Sembrava una confettina”.
Confettina! Nemmeno mia madre aveva saputo fare di meglio quando, da cliente particolarmente esigente, si era trovata l’organico del reparto gastronomia completamente rivoluzionato. Ad ognuno di loro un soprannome, ed io, per qualche tempo, ogni volta che andavo a trovarla dovevo collegare quei nomignoli affettuosi ai rispettivi proprietari. Uno spasso, giuro.

Parliamo a lungo delle nostre vite, passioni, storie passate, tanta musica, il suo figlio di quattordici anni, ed il suo Beagle di venticinque chili.
Poi sono a Lambrate, la sensazione è un po’ strana.
La saluto e la ringrazio per la giornata passata insieme.
E poco dopo raggiungo il mio socio in stazione mentre chissà quale espressione devo avere ancora addosso.

Basso profilo.
Quasi trasparente.

‘Mocc a chi t’è muort.

Con Affetto.

Your Favorite Milk Delivery Boy.

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