È la domanda il nostro chiodo fisso, Neo.

… ma perché ti devi soffrire??

Perla tra le perle di infinita saggezza, estratta a freddo e non filtrata direttamente dal retaggio culturale della mia famiglia. Famiglia di poeti e famiglia di linguisti, cinque vite intere dedicate allo studio della comunicazione e della sua esplorazione fino alle zone più oscure, sperimentazione, neologismi da far girare la testa.

Che poi scrivere tutto questo “fa molto più figo” rispetto al raccontarvi della nostra dislessia ancora non diagnosticata, e che poi tutto questo fa parte di un articolo del mio blog. 

Davvero pensavi che avrei perso l’occasione di cominciare proprio così? 

Mettiti comodo. 

In breve.

Predico malissimo e razzolo ancora peggio. Punto. Nonostante tutto questo, è il quesito che mi faccio quasi quotidianamente ad ogni litigata con me stesso. Forse il principale tra i dilemmi esistenziali, forse la domanda più pertinente che ogni terapista dovrebbe farti all’inizio di ogni seduta, o comunque sicuramente la domanda che ti farei io all’inizio di ogni seduta se vestissi i panni del tuo terapista. Copi, se mi stai leggendo prendi nota.

Perché “alla fine de la fava” il nocciolo di molte questioni lo si può davvero trovare tra i caratteri di queste cinque parole con un punto interrogativo in chiusura. 

Ma perché ti devi soffrire?

Qual’è il punto di rispondere “non so di cosa stai parlando” quando guardando un film ti chiedono se il co-protagonista “è lo stesso tipo che ha fatto R in Warm Bodies” e quando sai benissimo di essere sul divano di casa tua e quindi a rischio? E non puoi reagire male se lei poi ti dice “ma che cazzo dici, ho visto che hai il libro nella sezione imbarazzo”. Non cercare di fare il figo a caso, non ne sei capace, e poi che senso ha provare a nascondere le parti più imbarazzanti di te quando per molti anni hai fatto del comportamento opposto il tuo trademark? Molto meglio restare orgogliosamente un nerd, anche a costo di correre il rischio che l’intimità di quella conversazione diventi l’unica cosa di intimo che vedrai durante tutta la serata.

Qual’è il punto di “andare a guardare le stelle a Carpaneto perché si vedono meglio”, o anche “a raccogliere le margherite nei campi” (per citare in maniera anonima come da tradizione una persona per me molto importante) se sai benissimo che si tratta solamente di un’altra di quelle situazioni dalle quali ormai avresti dovuto imparare da molto tempo di stare alla larga, di smetterla e di crescere?

Qual’è il punto di stare male, male per davvero, al punto di non riuscire quasi a formulare frasi se costretto a parlare, di rischiare anche di ammazzarti al volante perché non riesci a concentrarti se sai che comunque questa serata che passerai sotto ad un gazebo, mangiando luganiga e patate homemade, chiedendosi se sia più corretto passare prima al gelato oppure al gin tonic, parlando di cose per le quali è previsto l’arresto in quanto l’ammenda non te la puoi permettere che sei povero da dovertene vergognare, riuscirà comunque a raddrizzare questa giornata storta e a rendere questo periodo sicuramente più sopportabile?
Sei già stato in posti pericolosi con la testa e ci sei già stato nemmeno troppi anni fa. Davvero hai voglia di tornare lì? 

Qual’è il punto di riuscire sempre a distruggere le cose a cui tieni, di non aver ancora imparato che spesso provare a parlare prima che esplodano le bombe potrebbe risolvere le cose e far sopravvivere progetti per te importanti? Perché ti giustifichi dicendo che non ne sei capace?

Qual’è il punto di non capirci più niente per quel sorriso, quando è nata nello stesso anno in cui i Brand New facevano nascere il disco che hai tatuato sul braccio, quando per te la differenza d’età è abbastanza da farti dire “non pensarci nemmeno per un secondo, lasciala stare”. 😂

Non ho buoni propositi, I solemnly swear that I am up to no good, e sono consapevolissimo di non funzionare e di non poter essere riparato. Volevo solo fare alcuni esempi tratti da avvenimenti recenti che potrebbero servirti per fare esattamente l’opposto e comportarti come si conviene, o come sempre anche solo per riuscire a strapparti un sorriso con le mie disavventure. 

In ultimo, volevo chiudere con un sentitissimo grazie a Donna Giuliana per essere stata la madre di questa magnifica espressione. La tua saggezza è lì, ai livelli degli assist di Kevin De Bruyne e dei riff di chitarra di James Hetfield.

Ma perché ti devi soffrire?

‘mocc a chi t’è muort.

Yours.

Brun-eee-no.

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